«Abbiamo fatto un grande sforzo per aggiungere, per innovare, per sperimentare e per fare in modo che i nostri palinsesti fossero ulteriormente arricchiti, sia di competenze che di contenuti». Parola di Roberto Sergio, amministratore delegato Rai dell’era meloniana. Gli fa eco Paolo Corsini, direttore degli approfondimenti, che assicura che Raitre avrà un nuovo volto. «Il faro è il pluralismo, che c’è nel contratto di servizio» dice, e ricorda come da Raitre andava in onda negli anni Novanta Giuliano Ferrara.

E a chi gli chiede se tra un anno sarà ancora al suo posto o si limiterà a preparare il terreno per il suo successore in pectore Rossi, Sergio risponde che aspetta la decisione della politica. Ma che, se il suo futuro non dovesse più essere nel suo ruolo, è pronto a tornare a Radiorai, di cui ha mantenuto la direzione nonostante il nuovo incarico, c’è per lui «una poltrona molto più bella e divertente» dice l’amministratore delegato.

L’idea di tornare a via Asiago, dove ha creato nei sette anni alla direzione il suo regno personale, è senz’altro rassicurante per Sergio. Potrebbe esserlo meno per il resto dell’azienda, considerato che mentre ricopriva quell’incarico si è preso ampie libertà, come la creazione di nuovi canali radio, e ha anche pesantemente attinto ai fondi Rai per procedere alla ristrutturazione degli studi e alla digitalizzazione dei contenuti. Minore è stato invece  l’impegno sul miglioramento tecnico delle frequenze, ma l’attuale amministratore delegato si è ricordato dell’ex collega di Rainet Giampaolo Rossi – oggi direttore generale – , che nel 2018 ha ottenuto l’incarico di Digital consultant per l’implementazione dell’offerta digitale di Radiorai. Anche l’idea di portare le telecamere in studio e lanciare la radiovisione targata Rai per la seconda rete – da sempre fiore all’occhiello della radio di Sergio – ha migliorato sì la sua performance, ma ha lasciato Radiodue comunque sempre dietro Radiouno in termini di numeri di ascoltatori.

LA DESTRA SULLO SCHERMO

Nonostante i proclami di pluralismo, però, di non sovranista nei nuovi palinsesti, raccontati da Stefano Coletta, direttore della distribuzione, rimane ben poco. Tante le riconferme di programmi storici dell’intrattenimento come Domenica In o Ballando con le stelle, torna anche Boomerissima di Alessia Marcuzzi. Emerge chiaramente la mano di Angelo Mellone, direttore dell’intrattenimento Day time e amico di stadio del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Si moltiplicano le “linee”, oltre a quella blu e quella verde, che raccontano già il territorio (a Linea verde del sabato torna alla conduzione Elisa Isoardi, ex compagna di Matteo Salvini): gli spin off sono addirittura sette. La valorizzazione dei territori voluta da Mellone passa anche da Il palio d’Italia, condotto da Angela Rafanelli, una sfida tra paesi «che si sfidano in un quiz divertente e sopra le righe» si legge nella brochure Rai. La valorizzazione delle eccellenze italiane sarà poi al centro di La volta buona di Caterina Balivo, che prende il posto di Serena Bortone nel pomeriggio di Raiuno.

Per il resto, i programmi che il centrodestra vuole valorizzare attraverso la gestione Sergio-Rossi sono tutti andati in porto: dal Mercante in fiera di Pino Insegno (che potrà continuare a prestare la sua voce agli eventi di Giorgia Meloni come ha fatto finora «come è successo finora a tanti volti Rai») ai Facci del giorno, la striscia di lancio del Tg2 affidata all’editorialista Filippo Facci, tutto confermato. Nunzia De Girolamo condividerà il lunedì con Presa Diretta di Riccardo Iacona e Roberto Inciocchi prenderà il timone di Agorà, che sarà seguito da Restart di Annalisa Bruchi. Sfida diretta Lega-M5s nella seconda serata del lunedì, quando su Raiuno andrà in onda XXI secolo di Francesco Giorgino e su Raidue Tango di Luisella Costamagna.

A non corrispondere alle anticipazioni è solo il destino di Miss Italia, di cui inizialmente si vociferava venisse rimesso in palinsesto. Nessuna notizia neanche sulla possibilità che le strade della Rai si incrocino con quella di Barbara D’Urso, che ha appena lasciato Mediaset, o quella di Massimo Giletti, il cui programma è stato sospeso nei mesi scorsi. Ma il conduttore cresciuto in Rai resta oggetto d’interesse per viale Mazzini, questo è chiaro.

La presentazione dei nuovi palinsesti è anche il funerale di Raitre come è stata finora. Corsini parla dell’esigenza di dare «una nuova identità nel solco della nuova organizzazione di genere» alla rete, che evidentemente non sarà più quella che le hanno impresso volti come Fabio Fazio e Lucia Annunziata. Al loro posto, rispettivamente, Report e Monica Maggioni, ma l’attesa è per i volti meno in linea con le aspettative che finora sono state dei telespettatori di Raitre, da De Girolamo a Bruchi.

In sospeso per il momento VivaRadio2!. Restano da dirimere questioni di buon vicinato con i condomini di Via Asiago, che si sono lamentati diverse volte del rumore. «Con il mio staff e io in prima persona cercheremo di ragionare con i condomini per trovare una soluzione, una sintesi che consenta a novembre a Rosario di riprendere questa trasmissione. È una cosa che l’azienda Rai vuole fortemente, che non sono in grado di dire se accadrà, ma faremo di tutto perché possa accadere» ha detto Sergio. «Certo, da condomino qualche problema me lo porrei, ma avere quelle case che possono diventare oggetto di culto, vuol dire magari vederne aumentare il valore» chiude.

SOVRANISMO E CANONE

Nessuna novità per il dopo-Berlinguer. L’amministratore delegato ha spiegato di aver affidato la decisione su chi sia il conduttore più adatto a prendere il suo posto al marketing, in attesa anche di conoscere la collocazione dell’ex giornalista di Cartabianca nei palinsesti Mediaset. Sergio ha detto di sperare in una risposta entro la prima decade di agosto e di non aver potuto accontentare le risposte di Berlinguer, che ambiva a una striscia quotidiana.

Si allunga sulla presentazione l’ombra del litigio intorno al canone Rai, su cui la maggioranza ancora non ha preso una decisione, nonostante l’istituzione di un tavolo ministeriale per negoziare un finanziamento stabile dei bisogni economici del servizio pubblico. Direttore generale e ad si mostrano fiduciosi sul fatto che nel 2024 sul canone rimanga tutto come è. Nel dubbio, la raccomandazione è quella, anticipata già da Rossi in un’intervista, di destinare alla Rai anche l’ultima fetta di soldi raccolti con il canone, quelli che attualmente vanno a sostegno del fondo per l’editoria. Ma la Lega di Salvini e Alessandro Morelli, responsabile telecomunicazioni e sottosegretaria, spinge ancora per farne una bandiera da sventolare alle Europee.

Insomma, la Rai sovranista parte ufficialmente, ma zoppa. Senza avere la risposta alla domanda impellente a proposito di chi prenderà in mano l’approfondimento di Raitre. Intanto, però, il primo passo è fatto.