Nessun evento pubblico a Parigi. E niente maxi-schermi o aree riservate ai tifosi neppure a Marsiglia, Lille, Bordeaux, Nancy, Reims, Rodez. C’è una buona fetta della Francia che si sta ribellando ai Mondiali di calcio in Qatar che iniziano tra poco più di 40 giorni. Città amministrate dai socialisti, dai repubblicani che si uniscono nella protesta a causa della continua violazione dei diritti umani nel paese arabo, tra migranti morti sul lavoro e con pene detentive fino a 11 anni in caso di esposizione sugli spalti delle bandiere arcobaleno.

FORSE È TARDI, anzi sicuramente lo è, ma il coro di dissenso francese rappresenta comunque una presa di coscienza forte che arriva da una potenza calcistica influente, peraltro inserita tra le favorite per il successo finale in Coppa del Mondo. «Questa competizione si è gradualmente trasformata in un disastro umanitario e ambientale, incompatibile con i valori che vogliamo siano veicolati attraverso lo sport e il calcio in particolare» ha spiegato il sindaco di Marsiglia Benoît Payan.

IL DIBATTITO IN FRANCIA sulla Coppa del Mondo in Qatar è salito di colpi nelle ultime settimane, da quando l’idolo dei Bleus e del Manchester United, Eric Cantona, ha stigmatizzato l’assenza di una presa di coscienza collettiva sulle sistematiche violazioni dei diritti umani sui cantieri delle infrastrutture costruite per la competizione sul suolo arabo. Soprattutto, Cantona ha evidenziato la morte di migliaia di migranti – almeno 6500 secondo la prima di una serie di indagini di The Guardian – tra stadi, ponti, strade e hotel extra lusso. Tra l’altro, la stima sui migranti è in difetto, le statistiche non hanno tenuto conto dei lavoratori deceduti da altri paesi come Filippine e Kenya, così come i decessi avvenuti nell’ultima parte del 2020 non sono stati conteggiati.

INSOMMA TUTTO PASSA in secondo piano, ora è il momento di far fruttare gli investimenti, è tutta una questione di soldi, almeno come dice Le Roi Cantona, che ha apertamente criticato l’endorsement ai Mondiali qatarioti di star del pallone come David Beckham, ambasciatore della Coppa del Mondo in cambio di un compenso 177 milioni di dollari.

QUESTA FORMA di boicottaggio silenzioso ma diffuso in Francia non ha certo entusiasmato sia la Fifa che la federcalcio francese, accusata di silenzio complice da Amnesty International, l’associazione dei diritti umani che assieme a Human Watch ha provato ad alzare la voce sulle violazioni dei diritti umani in Qatar sin dall’assegnazione della competizione al paese arabo, voluta dall’ex numero uno della Fifa, Joseph Blatter.

ANCHE ALTRE ASSOCIAZIONI si sono battute, come la ong inglese Fair Square, che ha sostenuto la causa di Malcom Bidali, operaio-blogger keniano arrestato in Qatar per aver diffuso informazioni sulle condizioni dei migranti, documentando la sua vita sul portale di un’altra ong, Migrant Workers. Una serie di elementi inconfutabili, ma secondo la federcalcio transalpina sarebbe «deplorevole» la stigmatizzazione del Qatar, sottolineando le riforme sociali avvenute negli ultimi mesi nel paese sul Golfo Persico. La federcalcio francese si è insomma accodata alla posizione ufficiale del presidente della Fifa, Gianni Infantino che a gennaio ha celebrato l’adozione del salario minimo e della protezione dei lavoratori dal caldo.

QUESTE TUTELE – ha omesso di raccontare Infantino – sono arrivate solo perché in precedenza al caldo, a oltre 40 gradi, sono morti migliaia di migranti, soprattutto da India ma anche da Nepal, Bangladesh, Pakistan e che la tutela sugli orari di lavoro ha riguardato solo i lavoratori sugli stadi. Chi invece è stato sui cantieri di infrastrutture, strade, non ha avuto alcuna tutela e inoltre non è stato mai abolito il sistema della kafala, che consente ai datori di lavoro di requisire i documenti dei migranti.

TUTTO QUESTO È STATO documentato in diverse occasioni da The Guardian: il primo reportage di tre anni fa ha prodotto la prima stima sui migranti deceduti, raccontando dell’indifferenza rispetto al dolore di famiglie di migranti che hanno cercato di ottenere un risarcimento danni (richiesto poi da Amnesty alla Fifa, 420 milioni di dollari) e lasciate anche senza notizie sulle misteriose circostanze che hanno portato alla morte dei lavoratori sui cantieri.

IL QUOTIDIANO BRITANNICO è tornato sulla questione di recente con un reportage dall’hotel dove soggiornerà la nazionale inglese, che ha mostrato condizioni di lavoro vicine alla schiavitù, con i migranti costretti a vivere in più unità in camere minuscole senza aria, dove la privacy è parzialmente garantita solo dalle coperte issate tra una branda e l’altra, il tutto in condizioni igienico-sanitarie indecenti.

MA ORMAI IL DADO È TRATTO, i Mondiali sono ormai dietro l’angolo e i manovratori, ovvero i main sponsor della competizione, Budweiser, Adidas, Coca-Cola, McDonald’s, Visa e oltre ovviamente alla Fifa, sono proiettati a promozionare al meglio l’evento. Sui diritti violati, è troppo tardi.