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23 Agosto 2025Draghi avverte l’Europa: integrazione o irrilevanza
Meloni preferisce gli applausi alle idee
Mercoledì prossimo sarà più facile per Giorgia Meloni ottenere applausi che dire qualcosa di nuovo rispetto a quanto ha detto Mario Draghi: ovvero che l’Europa deve rafforzarsi e integrarsi più rapidamente. A Rimini, l’ex premier ha riassunto il suo piano per la competitività del continente—quello ormai universalmente associato al suo nome—e ha sottolineato una strada unica: nuove forme di integrazione chiaramente politiche.
Parlando con il presidente del Meeting, Bernhard Scholz, ha definito il suo “europeismo pragmatico”—nato dall’esperienza concreta, non da grandi idealismi—come la risposta urgente a un mondo che sta cambiando rapidamente. Quel cambiamento, ha aggiunto, è accelerato da Trump, che ha rappresentato “una sveglia molto brutale” e ha trasformato profondamente i rapporti con gli Stati Uniti.
Per anni l’Europa ha pensato che una grande economia —450 milioni di consumatori— garantisse automaticamente peso politico. Draghi ha detto chiaramente che “quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata”. L’Ue, pur avendo finanziato significativamente la difesa dell’Ucraina, ha avuto un ruolo marginale nei negoziati di pace, e non ha reagito con decisione a eventi importanti sul piano internazionale, come attacchi nucleari in Iran o la guerra a Gaza.
La fragilità che emerge è duplice: militare e politica, soprattutto interna. L’euroscetticismo è ai massimi, e persino chi suggerisce di far arrendere l’Ucraina non accetterebbe un simile destino per il proprio Paese; la libertà e la pace contano per tutti. Per questo serve abbandonare la vecchia visione neoliberale dei decenni scorsi —quella del rigore e del libero mercato a tutti i costi—e cambiare radicalmente rotta.
Draghi ha rivolto al pubblico, idealmente agli italiani, un appello forte: trasformare lo scetticismo in azione. Secondo lui, l’Ue è il miglior strumento per costruire un futuro di pace, sicurezza e indipendenza; ma per farlo, serve un consenso popolare solido, nel tentativo di resistere alle pressioni interne che spingono verso un nuovo nazionalismo.
Servono riforme profonde: migliorare l’efficacia del settore pubblico, eliminare le barriere interne che ostacolano l’industria (con costi equivalenti a vere e proprie tariffe), uniformare le regole per le PMI in tutto il continente e —fondamentale— adottare forme di debito comune per finanziare progetti europei importanti.
Draghi ha ricordato come l’Ue abbia già superato tabù, emettendo debito comune con il NextGenerationEU, reagendo alla pandemia e all’aggressione russa con coesione straordinaria: ma queste sono state risposte emergenziali. La vera sfida è agire con la stessa determinazione anche in tempi normali.
Il punto critico: Meloni si trova davanti a un bivio. Può limitarsi a cercare applausi facili, evitando di affrontare la sfida vera, oppure può avere il coraggio di dire qualcosa di sostanziale sull’Europa, accettando che senza più integrazione l’Italia e l’intero continente resteranno irrilevanti. Finora, il suo silenzio su questo terreno pesa come un macigno: perché l’Europa non può essere ridotta a un palcoscenico per la propaganda, ma richiede una visione chiara e scelte coraggiose.