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In Italia c’è un buco nero che ogni anno inghiotte decine di migliaia di minori. Secondo la relazione del Commissario straordinario per le persone scomparse, nel 2023 sono stati 29.315 coloro che una maledetta sera non sono più rientrati a casa. Ben 21.951 denunce di scomparsa (il 75%) hanno riguardato gli under 18. E di queste, 17.535 sono state presentate relativamente a bambini e adolescenti stranieri. Si tratta di un salto enorme rispetto al 2022, quando le scomparse erano già state 13 mila. Il fenomeno si è intensificato negli ultimi anni, in concomitanza con l’aumentare degli sbarchi (dal 2015 in poi), superando di gran lunga il dato concernente i minorenni italiani.
Molti sono stati poi ritrovati: 5723 in vita, 2 purtroppo deceduti. Ma all’appello mancano ancora 11.810 ragazzi arrivati in Italia senza accompagnatori: nessuno sa dove siano finiti. Una cifra che sgomenta, e che non può più lasciare indifferenti. Nel 91% dei casi si tratta di maschi. Molti scappano dalle case d’accoglienza e lasciano l’Italia per raggiungere familiari e amici in Francia o in Nord Europa. In gran parte sono 17enni (6.146 soggetti) che si allontanano spontaneamente da comunità o famiglie di affidamento.
Diversi fanno perdere le tracce e finiscono in clandestinità: lavorano in nero con la complicità di alcuni connazionali, poi spediscono il denaro alle famiglie rimaste nel Paese d’origine. È il caso ad esempio degli egiziani: un flusso che si è intensificato nell’ultimo biennio, diretto
soprattutto in Lombardia e in altre città del ricco Nord. Sbarcano in Sicilia, oppure entrano in Italia dopo aver percorso la rotta balcanica, dopo mesi di viaggio tra violenze e privazioni. Sono “addestrati” per presentarsi – una volta giunti nel nostro Paese – presso questure e caserme dei carabinieri, per farsi prendere in carico dai servizi comunali del luogo. Poi molti escono dai radar e iniziano il loro percorso di vita, non sempre entro i binari della legalità. Il timore è proprio questo, cioè che l’esercito dei ragazzini perduti vada a ingrossare le file della malavita oppure, ancora peggio, finisca vittima dei traffici a sfondo sessuale. Qualche fonte investigativa sussurra che ci sia anche il pericolo del traffico d’organi, ma non ci sono prove di nessun tipo. Ufficialmente, solo 25 giovani stranieri di quelli scomparsi nel 2023 potrebbero essere rimasti vittime di un reato. Ma che fine facciano tutti gli altri è un mistero che nessuno è ancora riuscito a decifrare. Al netto di coloro che per qualche ragione, magari burocratica, possono essere sfuggiti alle statistiche, i numeri documentano uno scenario che lascia aperte domande angoscianti.
I minorenni stranieri scomparsi provengono soprattutto da Tunisia (3.362), Egitto (2.861) e Guinea (2.589). Seguono nell’ordine Costa d’Avorio (1.572) e Afghanistan (1.106). Provenienze diverse, con un unico comune denominatore: nazioni poverissime, in cui la vita di un bambino o di un adolescente può avere un prezzo.
Per tentare di fare un po’ di luce su una questione che resta avvolta in un cono d’ombra pressoché totale, a dicembre 2023 il Commissario per le persone scomparse ha firmato un protocollo d’intesa triennale con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, con l’obiettivo di scambiarsi informazioni utili a prevenire il fenomeno. L’idea però è non limitarsi alla fase d’osservazione, ma mettere in campo iniziative concrete.
La tratta dei minori è una delle grandi emergenze della nostra epoca, ma dietro ai numeri (impressionanti) si stenta a trovare spiegazioni plausibili. Di recente il film “Sounds of freedom” (poco distribuito in Italia), ha provato ad affrontare il delicatissimo tema con riguardo alle sparizioni di bambini e adolescenti in Sudamerica, legate alla piaga della pedopornografia online. È tratto dalla storia vera di un ex agente Fbi, che riuscì a salvare un bimbo rapito in Honduras. Un tema scottante e doloroso, che cozza contro ipocrisie e logiche commerciali: secondo la casa di produzione, più di una piattaforma online ha declinato l’invito a distribuire la pellicola. Un argomento tabù, insomma, che anche l’Italia fatica ad affrontare.