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23 Settembre 2022All’Assemblea generale dell’Onu il primo ministro apre ai palestinesi ma arrivano le critiche degli alleati di destra e del rivale Netanyahu
GERUSALEMME — «Deponete le armi e ci sarà la pace». Il primo ministro israeliano Yair Lapid parla di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e tende la mano ai palestinesi. Lapid descrive la visione di due Stati per due Popoli che vivano fianco a fianco in armonia, la soluzione che dopo essere stata a lungo considerata a portata di mano è da tempo finita in secondo piano, in un Medio Oriente che negli ultimi anni ha conosciuto altre priorità, dal tragico fallimento delle Primavere arabe alla minaccia iraniana, ma anche agli Accordi di Abramo, che hanno dimostrato come lo Stato ebraico possa essere considerato un alleato da altri Stati arabi nella regione.
Per questo, e in attesa del discorso del presidente dell’Anp Abu Mazen previsto per oggi, la scelta di Lapid di sollevare la questione di fronte all’Onu appare significativa.
In Israele infatti è bastato che l’intenzione del premier di nominare la soluzione dei due Stati cominciasse a circolare – alcune ore prima del discorso – per scatenargli contro critiche feroci anche da tanti membri del suo stesso governo, dal ministro delle Finanze Avigdor Lieberman a quello della Giustizia Gideon Sa’ar, leader di due dei piccoli partiti di destra che compongono l’esecutivo insieme a sinistra e centristi, con Sa’ar che ha tuonato contro «la nascita di uno Stato terrorista in Giudea e Samaria (nome biblico della Cisgiordania, ndr )». Toni non dissimili da quelli usati dall’ex primo ministro Benjamin Netanyahu, che alle elezioni del primo novembre punta a tornare al potere. Netanyahu ha accusato Lapid di aver riportato la questione palestinese al centro dell’agenda mondiale, mettendo in pericolo Israele. Nonostante solo sei anni fa, all’Assemblea dell’Onu, fosse stato proprio lui non solo a ricordare la necessità di non rinunciare alla pace ma addirittura a invitare Abu Mazen a parlare alla Knesset.
Lapid però ha tirato dritto. La soluzione dei due Stati, ha sottolineato, è «giusta per la sicurezza di Israele, per la sua economia e per il futuro dei nostri figli». A condizione appunto che il futuro Stato palestinese rimanga pacifico e non si trasformi in «una base terrorista come accaduto con Gaza». «Israele a Gaza ha fatto tutto ciò che il mondo ci aveva chiesto e da quando ce ne siamo andati oltre 20mila razzi e missili sono stati lanciati contro i nostri civili, contro i nostri figli», ha ricordato il premier, raccontando l’esperienza di dover correre nei rifugi antiaerei nel cuore della notte con la figlia autistica Yaeli: «Mio padre è stato un bambino nel Ghetto, mio nonno è stato assassinato in un campo di concentramento. Vogliamo vivere in pace ma solo se ci dà sicurezza, non se ci minaccia ancora di più». Il leaderisraeliano ha anche denunciato duramente l’Iran: «Se raggiunge l’arma nucleare, la userà. L’unico modo per impedirgli di ottenerla è mettere sul tavolo una minaccia militare credibile. E poi – e solo allora – negoziare un accordo».
A New York Lapid ha messo a segno diversi successi diplomatici, incluso l’incontro con il presidenteturco Erdogan – il primo di un primo ministro israeliano dal 2008 – e quello con la nuova premier britannica Liz Truss, che gli ha rivelato come il Regno Unito stia considerando l’ipotesi di spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, quattro anni dopo che a compiere una scelta simile fu il presidente americano Donald Trump.