
L’Amiata e l’idea di ZES: ambizione alta, terreno ancora da preparare
22 Novembre 2025Di Pierluigi Piccini
Questo articolo nasce dall’esigenza di capire che cosa si muove davvero sotto l’entusiasmo che accompagna gli eventi cittadini. Il Capodanno in Piazza del Campo, con un artista di grande richiamo e un evidente incremento di presenze e prenotazioni, è un caso emblematico: a fronte di investimenti significativi da parte del Comune, i benefici si concentrano in un arco temporale ristretto e ricadono su una parte limitata del tessuto economico. L’obiettivo non è mettere in discussione la soddisfazione che queste iniziative generano, ma leggere cosa rivelano della struttura complessiva della città.
Siena si presenta come una città che si accende con gli eventi più che con processi continui. Le luci, le presenze, l’impatto immediato testimoniano una capacità di attrazione che esiste e va riconosciuta. Tuttavia, questo movimento non si traduce in una crescita stabile. È un’economia che funziona finché l’evento dura: al termine, la dinamica torna esattamente com’era.
Le dichiarazioni del Comune insistono su questo successo immediato: grande affluenza prevista, risposta positiva del pubblico, ristoranti e strutture ricettive pieni. La voce dei commercianti conferma lo stesso quadro: prenotazioni cresciute rapidamente, clienti da tutta Italia, un miglioramento percepito rispetto al passato. Sono elementi reali, tangibili, che mostrano una città viva quando si attiva la macchina dell’intrattenimento.
Ma il limite resta evidente: questi picchi non modificano il funzionamento di fondo. Non generano nuove competenze, non attivano filiere, non rafforzano settori oggi fragili. Producono movimento, non sviluppo.
Qui si colloca la differenza tra due modelli. Il primo è l’economia legata all’evento: vive di intervento pubblico, dura poco, favorisce un numero delimitato di attività. È una rendita di assistenza che dipende dalla capacità di finanziare e organizzare attrazioni capaci di richiamare pubblico per poche ore.
Il secondo modello è ben diverso: è un sistema che crea ricchezza per 365 giorni l’anno, un’economia fondata sulla produzione culturale, sull’innovazione, sulle competenze e su filiere capaci di rigenerarsi. È un modello che si sostiene da sé, che riduce la dipendenza dal pubblico e che distribuisce valore in modo più diffuso, coinvolgendo professioni, imprese, laboratori, artigiani, servizi culturali e creativi.
I due modelli possono convivere. Anzi, dovrebbero. L’evento offre visibilità e movimento; il sistema costruisce continuità e autonomia economica. Il problema non è la presenza dell’evento, ma l’assenza del sistema. Organizzare una grande serata è relativamente semplice: servono risorse, un nome noto, una macchina operativa. Costruire un ecosistema culturale ed economico richiede invece visione, competenze, tempo, capacità di mettere insieme istituzioni e realtà produttive. E questo secondo livello oggi non esiste: non è parte della strategia cittadina, non entra nel dibattito, non compare nella progettualità dell’amministrazione. È proprio questa assenza, più ancora dei limiti degli eventi, a mostrare la fragilità del modello attuale.
Siena avrebbe bisogno di un impianto che funzioni non solo quando la piazza è piena, ma anche nei giorni ordinari. Un centro storico che non sia solo luogo di consumo, ma anche spazio di produzione culturale e professionale. Servono coordinamento tra istituzioni, investimenti in formazione, laboratori, atelier, imprese creative, strumenti per dare continuità alle iniziative e trasformare il capitale culturale in capitale economico.
L’entusiasmo che oggi attraversa la città è un segnale positivo, perché manifesta un desiderio di partecipazione e di movimento. Ma al tempo stesso evidenzia il divario tra ciò che Siena riesce a generare nell’immediato e ciò che non riesce ancora a costruire nel lungo periodo.
In questo scarto si gioca il futuro della città. Da una parte un modello che si accende a intermittenza; dall’altra la possibilità di un sistema continuo, capace di produrre valore, lavoro e competenze. Sta alla politica scegliere quale strada imboccare: se limitarsi all’effetto di una notte, oppure mettere mano a ciò che davvero manca, perché Siena torni a essere una città che produce futuro, non solo eventi.





