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12 Agosto 2025L’attività critica di Enrico Crispolti può essere restituita da una serie di numeri eloquenti: ha lasciato un archivio con oltre 30mila voci relative ad artisti, gruppi, mostre movimenti, una biblioteca con 90mila volumi e un prezioso Fondo Audio con oltre mille audiocassette di incontri e interviste. A questi numeri ora si aggiungono quelli di uno strumento prezioso, la Bibliografia ragionata, che lo stesso Crispolti aveva progettato e che è stata portata a termine dopo la sua morte da Luca Pietro Nicoletti: 370 pagine in cui sono raccolti i titoli dei suoi libri, degli interventi in volumi o in periodici (Enrico Crispolti. Bibliografia ragionata, 1951-2018, Silvana editoriale e Archivio Crispolti, euro 34). Tutti questi numeri ci parlano di quell’«ottica orizzontale» a cui il critico romano è sempre rimasto fedele, con un’attività instancabile di ascolto, di raccolta di documenti, di attenzione ai laboratori creativi alla periferia del sistema. Giustamente Nicoletti nel saggio introduttivo parla di una «forma estrema di democrazia applicata all’esperienza artistica ed elevato a vera e propria ragione di metodo». La Bibliografia è il sismografo di questa attività instancabile che non procede semplicemente per accumulo ma per costruzione di raccordi. L’aggettivo «ragionata» sottolinea un altro elemento essenziale del «metodo Crispolti». Infatti ogni titolo della Bibliografia è un capitolo aperto che ritorna negli anni successivi in altre forme, in tanti casi rielaborato, altre volte antologizzato o riproposto in funzione di progetti più ampi.
È DUNQUE SIGNIFICATIVO ogni titolo in sé, ma lo è anche la sua storia, evidenziata da rimandi puntuali nelle singole voci. Il dato documentario non è mai elemento inerte ma vive nel tempo e ha una sua storia, in tanti casi ancora aperta, che ne spiega in modo più completo la natura. «Ragionato» è aggettivo quasi di conio crispoltiano. Nei titoli della Bibliografia si trovano due opere di riferimento per tutti gli studiosi che sono il Catalogo ragionato generale dei dipinti di Renato Guttuso, pubblicato in tre volumi tra 1983 e 1985 e il Catalogo ragionato di sculture, dipinti e ambientazioni, pubblicato prima a Bruxelles nel 1974 e poi in una nuova edizione aggiornata italiana in due volumi nel 1986. «L’idea del catalogo ragionato – scrive Nicoletti – rappresentava l’approdo monumentale di quella precoce vocazione crispoltiana per l’archivio». Non solo: in particolare il lavoro di catalogazione di Guttuso, arricchito in ciascun volume da testi di grande impegno, «tracima dal censimento inventariale per dare una lettura globale dell’artista». Crispolti avverte la necessità di appoggiare questa sua indagine in orizzontale su un terreno solido dal punto di vista dell’analisi storiografica. Guttuso rappresenta un asse portante del suo discorso critico, che soprattutto a partire dal nuovo millennio punta a evidenziare i «valori forti» su cui si fondava l’identità dell’arte italiana.
UN’IDENTITÀ INDIVIDUATA in una «autonoma e vitale linea espressionista che non voleva essere né decorativa, né consolatoria» e che ha i suoi punti di riferimento in artisti come Enrico Somaini, Giuseppe Romagnoni, Mattia Moreni, Valeriano Trubbiani, Giannetto Fieschi, Alberto Burri, Emilio Scanavino, tutti nomi tra i più ricorrenti nella Bibliografia. Ma accanto a loro il cosmo di Crispolti annovera l’elenco lunghissimo degli eccentrici, nel senso etimologico di artisti «fuori dal centro». Sono gli artisti intercettati nei suoi continui movimenti in orizzontale in particolare nelle zone esposte ad una pressione colonizzatrice da parte del sistema del mercato, che aveva a Milano la cabina di comando. Negli anni ’60 e ’70 Crispolti con grande coraggio aveva ingaggiato dure polemiche contro un certo «terrorismo culturale colonialistico» che imponeva un canone ufficiale centralistico quando invece «un panorama delle autentiche ricerche non può non risultare invece articolato e molteplice». Dalle sue esperienze decentrate aveva infatti ricavato una consapevolezza sulla grande vitalità dei singoli contesti, al punto da concepire per Marsilio una collana, destinata a vita breve, dedicata alla storia dell’arte italiana del ’900 suddivisa per regioni. Erano in particolare i contesti napoletano e campano ad aver maggiormente calamitato la sua attenzione, grazie, per esempio, al rapporto con Riccardo Dalisi e alla scoperta dei suoi percorsi sperimentali di arte partecipata al Rione Traiano di Napoli tra 1971 e 1974.
Da quella stagione di autentica militanza critica Crispolti aveva ereditato la convinzione che i cosiddetti «valori forti» dell’arte italiana del ’900 per esser davvero tali dovessero fare i conti con le urgenze esistenziali e umane del presente.