A botta calda, mentre i ministri Tajani, Salvini e Urso sparavano a zero contro l’annuncio della presidente della Bce Christine Lagarde di un nuovo rialzo dei tassi in luglio, la presidente del consiglio era rimasta in silenzio. Ieri, nell’informativa in vista del Consiglio europeo, ha scelto di esporsi apertamente: «L’inflazione è una odiosa tassa occulta che colpisce i meno abbienti. È giusto combatterla ma la semplicistica ricetta dell’aumento dei tassi non appare la strada più corretta. Non si può non considerare il rischio che l’aumento dei tassi sia una cura più dannosa della malattia».

LA CURA CHE RISCHIA di uccidere il paziente si chiama «recessione». Ha già colpito sei Paesi dell’Unione europea, tra cui la Germania. L’Italia vanta invece per ora buoni risultati ma con sinistri scricchiolii che diventano sempre più rumorosi. L’economia industriale è in calo, con una diminuzione in aprile vicinissima al 2%. Il mercato immobiliare è crollato nei primi mesi di quest’anno, con una precipitazione pari all’8,3%, crollo che tra l’altro è all’origine di buona parte dei guai del Pnrr. Il tasso sui mutui per le case è più che raddoppiato e in questa situazione la paura che i rincari arrivino anche al settore chiave, quello alimentare, sono del tutto giustificati.

Dal Portogallo la presidente della Bce interviene, non per rispondere alla premier italiana ma il risultato è identico: «Abbiamo aumentato i tassi di 400 punti base ma abbiamo ancora spazio da coprire. Non stiamo considerando una pausa nel rialzo dei tassi», afferma. Christine Lagarde, che ha già dimostrato di non disporre della fantasia del suo predecessore Mario Draghi, è insomma decisa ad attenersi alla lettera al mandato della Bce che, a differenza di quello di tutte le altre “vere” banche centrali, è solo garantire la stabilità dei prezzi.

Di fronte a un’inflazione provocata non dall’espansione dei consumi, come di solito accade, ma dall’aumento del prezzo dell’energia e dalla speculazione, per di più senza la possibilità di compensare la stretta sui tassi con politiche espansive perché il debito s’impennerebbe, lo scontro tra la Banca centrale europea e i governi dei Paesi in maggiore difficoltà è di conseguenza quasi inevitabile.
LA SEGRETARIA DEL PD Elly Schlein sceglie di rispondere alla premier non in aula ma in un punto stampa: «È curioso che questo governo, campione di scaricabarile, se la prenda con l’ennesimo capro espiatorio, la Bce, anziché fare il necessario per restituire potere d’acquisto». La faccenda è meno semplice e non andrebbe posta solo sul piano della propaganda. Peppe Provenzano, sempre per il Pd, è meno vago: «Anche io penso che l’ulteriore aumento sia discutibile. Ma Meloni non è una commentatrice: guida un governo che non ha fatto nulla, dai mancati controlli sui prezzi alla tassazione degli extraprofitti, da una politica per i redditi al salario minimo».

In una situazione in cui i torti sono equamente ripartiti tra un governo che non fa quel che potrebbe fare e una Bce che definirla miope è molto poco, il nodo andrebbe sciolto, a Roma come a Francoforte, con una lungimiranza e una elasticità della quale invece non si vede traccia né da una parte né dall’altra.
LA PREMIER Meloni ha anche preso posizione sul Mes, in realtà senza aggiungere una sola sillaba a quanto già detto due giorni fa. «Non reputo utile per l’Italia alimentare una politica interna sul Mes. L’interesse dell’Italia è un approccio a pacchetto, nel quale nuove regole del patto di stabilità, completamento dell’unione bancaria e meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutono nel complesso, nel rispetto dell’interesse nazionale». I Fratelli si lanciano in un applauso fragoroso. Qualche 5 Stelle li segue: il primo a parlare di «pacchetto» era stato proprio Giuseppe Conte anche se ora definisce la proposta Meloni «un pacco», cioè una mossa autolesionista «alla Tafazzi».

I LEGHISTI INVECE restano gelidi e immobili. Conoscono il gergo della politica. Sanno che la presidente del consiglio sta indicando una rotta che porta a ratificare il Mes, dopo aver ottenuto qualcosina in cambio. Dunque non applaudono. Basta e avanza per far capire che anche dopo l’immancabile rinvio, quando in autunno il nodo Mes tornerà al pettine, la strada sarà ancora tutta in salita.
Fuoco e fiamme anche sul Pnrr e per una volta la premier si scaglia anche contro Mario Draghi: «Mi fa specie che i partiti che hanno steso un piano da modificare se la prendano con l’attuale governo». Nel mirino anche il commissario Gentiloni: «Immagino che quel piano lo avesse letto. Se si fosse vigilato di più in passato ora si farebbe più velocemente».