La guerra intanto va avanti ed è stato proprio Sikorski ieri a confermare che “personale militare della Nato è già presente in Ucraina”. Non ha rivelato quali governi hanno aderito agli invii: “Contrariamente ad altri politici, non li elencherò”. Il Cremlino, all’alba delle prossime urne del 15-17 marzo che assicureranno a Putin il quinto mandato, ha risposto con uno stranamente flemmatico “sapevamo già”; “è impossibile nasconderlo” ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova al quotidiano Izvestia. Alla “guerra ibrida” dell’Alleanza contro Mosca partecipano “forze speciali, esperti, specialisti dei dipartimenti militari dei Paesi Nato”. Senza istruttori, aveva già dichiarato qualche giorno fa il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, “l’Ucraina non sarebbe in grado di usare le armi a lungo raggio contro le città russe”: “alcuni attacchi ucraini agli aeroporti strategici russi”, ha aggiunto, “non sarebbero avvenuti senza gli specialisti americani”. “Anche se in modo non ufficiale, ci sono già” è stata la secca e netta risposta che il capo della diplomazia di Mosca ha rilasciato all’agenzia statale Tass dopo lo scalpore suscitato dalla proposta del presidente francese Macron sull’invio di truppe Nato al fianco di quelle di Zelensky. Le parole del presidente francese “sono la conferma dell’intenzione dell’Occidente di mandare truppe in Ucraina”. Esattamente una settimana fa, molto più invelenita, Mosca ha chiesto spiegazioni all’Ue per un leak. Alle antenne del Cremlino è arrivato un audio di 38 minuti registrato segretamente durante una riunione di militari tedeschi. Presenti il capo di Stato maggiore dell’aviazione e tre ufficiali. Argomento del dibattito: eventuali piani d’attacco contro il territorio russo e l’impiego di missili da crociera Taurus. Della registrazione è stato chiesto conto a Alexander Graf Lambsdorff, ambasciatore tedesco nella Federazione, ma il diplomatico ha smentito poi che l’argomento dell’incontro (che imbarazza Berlino e il cancelliere) fosse il leak in cui i militari parlano pure del ponte di Kerch.
Il capo del Pentagono Lloyd Austin ha già detto che se Kiev perde la guerra “la Nato entrerà in guerra con la Russia”, ma finora a frenare i timori su un definitivo coinvolgimento diretto e sul campo dell’Occidente, insieme alla Casa Bianca, è stato quasi sempre Jens Stoltenberg ricordando che “Né Nato o alleati Nato sono parte del conflitto”. Le ipotesi d’invio del personale intanto però si moltiplicano, anche se vengono sempre intervallate da smentite. Il 26 febbraio scorso che si considerasse l’invio di soldati dell’Alleanza su basi bilaterali lo aveva già detto pubblicamente Robert Fico: “Non posso dire con quale scopo e cosa dovrebbero fare lì”. Acuendo le tensioni, fornendo sostegno militare illimitato e finanziamenti agli ucraini, l’ovest, ha aggiunto il premier slovacco filorusso, sta arrivando all’“escalation totale” contro la Federazione. Fico, a campo di uno Stato membro dell’Ue e della Nato, i suoi, ha assicurato, non li invierà.