Alessandra Ghisleri
L’affluenza alle urne, la gestione della campagna elettorale e i messaggi elettorali creati e voluti per spingere e sollecitare gli elettori verso il risultato desiderato sono i quesiti che affiancano ogni consultazione elettorale. Durante queste fasi molti sono i fattori che stimolano una vasta gamma di sentimenti e valutazioni da parte dei cittadini che risultano – ovviamente – esserne influenzati. Molti poi si sentono in diritto di voler cambiare il loro voto in base alle diverse circostanze in cui sono “immersi”.
Ad ogni modo ogni elezione ruota attorno a sfide e questioni chiave che risultano rilevanti per la società proprio in quell’esatto momento in cui tutto si realizza. Per questo è necessario considerare il livello di partecipazione elettorale che riflette a sua volta l’interesse e l’engagement civico degli elettori, ad oggi sembrerebbe interessare circa 1 elettore su 2. In questo particolare percorso che ci porterà alle elezioni europee del 9 giugno prossimo, diventano rilevanti le nuove alleanze e i possibili accordi “federativi” in campo tra i partiti, nonché i nomi delle candidature che i partiti presenteranno.
Non solo perché i loro nomi dovranno essere scritti di proprio pugno da ciascun elettore, ma soprattutto perché essi rappresentano l’identità e la reputazione di ogni schieramento ed è proprio per questo che vengono dedicate molte energie nella loro selezione e nella costruzione di un’immagine pubblica che ne possa esaltare le qualità. I nomi possono essere associati a determinati valori, ideologie o posizioni politiche che possono a loro volta attrarre o respingere certi elettori; ad esempio, un candidato noto per il suo impegno ambientalista potrebbe attrarre gli elettori sensibili alle questioni ambientali e così via. Per analizzare e comprendere meglio i probabili risultati elettorali, diventa pratico apprendere i diversi scenari che si potrebbero realizzare per pianificare quelle strategie che potrebbero poi evolvere in possibili alleanze, negoziazioni e cooperazioni tra partiti e gruppi politici al fine di formare una coalizione per un governo stabile e funzionale.
Così, in una non facile esercitazione matematica dove non sono ancora contemplati i possibili nuovi partiti in campo, né probabili accordi e alleanze future, si è cercato di esemplificare come si potrebbero distribuire i seggi elettorali dopo le elezioni europee in 4 scenari differenti che tengono conto dei campi di esistenza dei partiti nazionali così come si presentano oggi.
Nel primo esercizio si è ipotizzato che a superare la soglia fossero solo Fratelli d’Italia, il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle, la Lega e Forza Italia. In questa supposizione si osserva che rispetto al 2019 pochi sono i cambiamenti importanti tranne per il travaso di preferenze tra il partito di Matteo Salvini – oggi 8 seggi, mentre nel 2019 ne prese 29 – e quello di Giorgia Meloni -nel 2019 ricavò 6 seggi, oggi se ne accaparrerebbe 26- che proprio invertono il proprio rapporto con l’elettorato.
Nel secondo scenario si è ipotizzato che Azione di Carlo Calenda superi la soglia guadagnando 4 seggi con il 4,3% dei voti a scapito di Fratelli d’Italia, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.
Nella terza ipotesi si è considerata un’alleanza tra Alleanza Verdi e Sinistra con +Europa che con il 5,0% porterebbe a casa 4 seggi. In questa ridistribuzione Fratelli d’Italia ne prenderebbe 23, mentre il Movimento 5 Stelle 14 e Azione 3.
Nel quarto e ultimo scenario preso in considerazione si è aggiunta alla distribuzione dei seggi anche Italia Viva di Matteo Renzi che con il 4,3% ricaverebbe gli stessi 3 seggi di Carlo Calenda.
In tutte le variabili prese in considerazione nel Collegio del Nord Est si è considerato il Südtiroler Volkspartei collegato con una lista di orizzonte nazionale, come nel 2019 fu con Forza Italia. In questo caso i voti della lista linguistica oltre ad incrementare i voti del suo alleato si è considerato che il candidato superasse le 50.000 preferenze (quindi con seggio garantito). A questo punto è bene considerare i rapporti di forza che con questi risultati si potrebbero ottenere nella formazione del nuovo Governo Europeo. A giugno saranno eletti in tutti i Paesi dell’Unione Europea 705 eurodeputati di cui 76 in Italia. Si sa che per raggiungere la maggioranza al Parlamento Europeo è necessario un lavoro politico costante e strategico anche a livello nazionale.
I partiti, infatti, devono comunicare in maniera efficace le proprie posizioni politiche e le loro proposte per l’Unione Europea cercando coalizioni con altri partiti simili ideologicamente, anche attraverso la presentazione di soluzioni credibili ai problemi che interessano l’intera unione. Osservando la mappa della distribuzione dei seggi elaborata da EU election il 22 marzo sulla base della media di tutti i sondaggi di ogni paese dell’Unione, ci si può già interrogare su quali alleanze saranno possibili per avere la maggioranza superando i 353 deputati. Ad esempio, unalleanza simile a quella nazionale di governo con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia vedrebbe l’EPP con l’ID e l’ECR raggiungere i 339 seggi non sufficienti per poter lavorare in maniera sicura. Anche il Partito Popolare Europeo (EPP) in somma con l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) arriverebbero a 315 seggi con un ammanco almeno di 38 deputati.
Insomma le alleanze future dipenderanno da molteplici fattori, inclusi gli esiti elettorali nazionali, le negoziazioni post-elettorali tra i partiti e le questioni emergenti a livello europeo come la governance economica, l’immigrazione, il cambiamento climatico, la sicurezza e i venti di guerra. Le alleanze possono anche evolversi nel tempo in risposta agli eventi politici e alle dinamiche interne dei partiti… per il resto sono solo esercizi matematici.