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Decine di saggi attraversano le oltre quattrocento pagine del volume a più voci I Farnese e l’architettura. Corte, città e territorio da Paolo III a Elisabetta regina di Spagna (Ginevra Bentivoglio Editoria), in cui si realizza una sintesi degli interventi architettonici, urbani e territoriali promossi dai Farnese nei loro quasi duecento anni di storia, da Alessandro, divenuto Papa col nome di Paolo III (1468-1549), alla fine della dinastia.
Paolo III è abilissimo «nell’utilizzare la storia di Roma a vantaggio dell’immagine personale e familiare», scrive uno dei curatori, Bruno Adorni. Ed è proprio Paolo III che, dialogando con Michelangelo, promuove alcuni importanti cantieri che fondano una nuova immagine di Roma. Così Palazzo Farnese progettato da Antonio da Sangallo il Giovane (1484-1546) vede l’intervento di Michelangelo che ripensa la parte centrale della facciata e il cornicione. Sempre Michelangelo viene chiamato a dirigere la fabbrica di San Pietro, ridisegnando il tamburo della cupola e ripensando la costruzione come edificio di pietra. Importante anche l’intervento di Michelangelo nella sistemazione del Palazzo Senatorio sul Campidoglio come lo è il suo disegno per il basamento ovale della statua di Marco Aurelio che si inserirà nel sistema dell’intera piazza.
L’architetto Jacopo Barozzi detto il Vignola (1507-1573) ha avuto un lungo rapporto con i Farnese, dal progetto per la facciata di San Petronio (1544-1545) al Palazzo del Cardinal Legato (1547), ora Comunale, a Bologna, all’originale Palazzo di Caprarola (Viterbo) dalla nuovissima planimetria pentagonale col suo imponente, architettato Giardino grande, fino alla Chiesa del Gesù a Roma (1570). Un altro progetto, quello del Palazzo Ducale di Piacenza, sempre del Vignola, diventa il fulcro di una nuova riflessione sulla città e sulla strada.
Ma il 10 settembre 1547 il duca Pier Luigi Farnese viene ucciso dai congiurati a Piacenza e progressivamente i Farnese spostano il polo del ducato a Parma dove, su indicazione del duca Alessandro e del figlio Ranuccio, si costruisce una nuova cittadella pentagonale con bastioni (1589). Intanto, sempre a Parma, si viene definendo proprio da Ranuccio I (1569-1622) un grandioso sistema edificato a griglia, il Palazzo della Pilotta, che ingloba sia la medievale chiesa di San Pietro Martire che le fortificazioni sforzesche sul torrente. Al piano nobile un imponente salone diventa un teatro, il Farnese, progettato da Giovan Battista Aleotti e concluso nel 1618.
È meraviglioso seguire i numerosi, importanti interventi dei duchi nel tessuto della città nei primi decenni del Seicento. Ma è anche significativo ricordare che Ranuccio II (1630-1694) trasferisce da Roma a Parma le collezioni. «Il duca sembrò prendere le distanze dall’Urbe anche sul piano del linguaggio architettonico scegliendo, durante la stagione più gloriosa del barocco romano, progettisti soprattutto emiliani e perseguendo esiti formali molto più austeri e passatisti rispetto ai modelli seguiti da quasi tutti i principi europei. Al termine del suo lungo dominio, Ranuccio II aderì al gusto tardobarocco bolognese e ne favorì una sfarzosa variante farnesiana grazie allo scenografo Ferdinando Galli Bibiena», scrive Carlo Mambriani, l’altro curatore del volume.
Importante ricordare anche gli interventi sulle dimore extraurbane di Parma, come la Rocca di Colorno trasformata in palazzo con la facciata su un architettato giardino a ventaglio aperto al paesaggio agrario o la Rocca di Sala trasformata in luogo per riposo degli allievi del Collegio dei Nobili. La scelta del duca è far rinascere l’università sotto la guida dei gesuiti creando un sistema di nuove fabbriche attorno alla ricostruita chiesa di San Rocco cui si collega il collegio delle Orsoline.
All’accento finora posto su architetture e urbanistica, bisogna aggiungere la visione complessa che i Farnese avevano del territorio. Furono infatti grandi sfruttatori delle acque, come forza motrice per officine e mulini e come risorse irrigue dei territori. Proprio il progettista del Teatro Farnese, Aleotti, è autore anche di un trattato, Idrologia, che si collega alla resa planimetrica dei territori da Smeraldo Smeraldi a Paolo Ponzoni. Dominare insomma, per i Farnese, vuol dire riprogettare il territorio.
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