Nelle indagini dei servizi di Bucarest il piano che ha aggirato i divieti di finanziamento e di propaganda social Come nel tentato golpe a Kiev nel 2022
Nulla era stato lasciato al caso: denaro che arrivava dall’estero con modalità di pagamento specifiche, in modo da evitare i controlli. Strategie raffinate con il coinvolgimento di influencer e non di bot (account, cioè, fasulli gestiti dall’intelligenza artificiale) facilmente anestetizzabili. Messaggi mirati in grado di intervenire su specifiche fasce di elettori. «Equilibrio» era il nome in codice della campagna che «un attore statale », è scritto nei documenti dell’intelligence romena – «la Russia di Vladimir Putin» è la traduzione che ne hanno fatto tutte le forze di polizia dei paesi europei – ha messo in atto in questo turno elettorale delle elezioni in Romania, nella speranza di manipolarle. Una campagna che, per come era stata organizzata, sembra essere una sorta di prova per quanto potrà accadere in futuro in altri paesi dell’Unione europea, e da qui l’allarme rosso immediato arrivato da Bruxelles. O che forse è già accaduto: si parla delle stesse modalità utilizzate per far arrivare soldi e sostegno mediatico al tentativo di golpe – fallito – contro Zelensky che avrebbe dovuto accompagnare l’invasione russa dell’Ucraina del 2022.
A Bucarest tutto ruota attorno a Tik Tok e a una serie di account che, dietro un massiccio investimento di denaro, hanno “promosso” la candidatura di Calin Georgescu. L’investimento fin qui scoperto, arrivato dall’estero, è sicuramente superiore ai 400 mila euro, ma è possibile che la cifra sia assai superiore. Non a caso la procura ha aperto un’indagine anche per riciclaggio. «Certamente la crescita degli account oggetto della nostra investigazione non è stata organica», hanno spiegato i servizi rumeni ai colleghi europei. E questo perché la maggior parte dei messaggi a favore del candidato non erano spontanei ma pilotati da «una mano in grado di muovere una campagna politica di guerriglia di massa».
I servizi rumeni non hanno dubbi che si tratti di «un attore statale», una certezza che arriva dall’ingegneria creata attorno agli account che hanno promosso Georgescu. «Non poteva farlo una brava agenzia di marketing». Chi ha organizzato lacampagna conosce perfettamente le politiche di sicurezza di Tik Tok e ha messo in campo il know-how giusto per eluderle. Non bot ma «account certificati e esterni» che operano in «modo discreto». In questa maniera i contenuti che sostenevano Georgescu non sono stati etichettati come messaggi politici di un candidato, aggirandone le limitazioni e favorendone la diffusione di massa. A questo ha contribuito anche l’aver assoldato una serie di influencer. Si sta parlando tanto di Bogdan Peschir, un programmatore romeno noto per ostentare una vita a cinque stelle sul suo canale “Bogpr”. Secondo alcuni la sua figura sarebbe centrale perché gran partedel denaro – c’è chi parla di un milione di euro investito tra settembre e novembre – arrivato ai canali che promuovevano il candidato filo russo sia transitato dai suoi canali. Peschir ha negato di aver finanziato direttamente la campagna, ammettendo però che parte delle sue donazioni erano per sostenitori del candidato. Ci sono però evidenze che una dozzina di personaggi assai noti sui social in Romania sono stati pagati per diffondere dei messaggi a favore di Georgescu. Gli influencer sono stati contattati da una società di sudafricana che si occupa di marketing on line. I creatori di contenuti erano liberi di scegliere modi e tempi di pubblicare un video, che però avrebbero dovuto toccare alcuni argomenti cari alla campagna elettorale di Georgescu. I pagamenti, di circa mille euro, arrivano attraverso una piattaforma abitualmente utilizzata dai piccoli influencer per monetizzare le visualizzazioni dei loro contenuti su Instagram e in particolare Tik Tok. Questo dettaglio ha particolarmente preoccupato i servizi di sicurezza europei che da tempo stanno lavorando su questo punto: come, cioè, la Russia abbia utilizzato influencer per diffondere messaggi anti occidentali. Si va dal complottismo no Vax alle calunnie su Zelensky. Potrebbe essere accaduto anche in Italia dove ci sono una dozzina di account da tempo monitorati: giornalisti free lance, attori di seconda fascia con grande seguito sui social, artisti.
Tornando alla Romania, agli atti dell’indagine ci sono un paio di canali identificati su Telegram e Discord (un’app di messaggistica istantanea sicura e solitamente utilizzata dagli appassionati di videogame) dove la campagna a favore di Georgescu è stata pianificata discutendo su come i vari account dovessero muoversi per non incappare nei blocchi della piattaforma. Tra la raccomandazioni c’era anche quella che tutti i video dovessero essere pubblicati da diverse geolocalizzazioni, in modo che nessuno potesse sostenere che ci fosse una connessione diretta. Non è bastato, evidentemente.