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Quando il verde delle energie rinnovabili nasconde il business dell’ennesimo assalto al territorio
Il territorio senese sta per essere invaso dai pannelli solari. Dietro la retorica della transizione energetica e del recupero urbano si nasconde l’ennesima operazione speculativa che rischia di trasformare la provincia di Siena in un parco industriale mascherato da green economy.
La “torre dei pomodori” dell’ex Idit, magnifico esempio di architettura industriale degli anni ’70 che domina il paesaggio della Val d’Arbia, ha finalmente trovato chi se ne vuole occupare. Non per valorizzare il suo potenziale contemporaneo, ma per trasformare l’area in una centrale fotovoltaica. Il recupero edilizio? Solo un pretesto per giustificare l’operazione. È il nuovo trucco dell’economia verde: si promette il risanamento di siti industriali dismessi, ma in realtà si punta solo a installare pannelli solari su ogni metro quadro disponibile. Il cemento rimane, i pannelli si aggiungono.
Ancora più grottesca la situazione dell’aeroporto di Ampugnano, nel comune di Sovicille, che dopo decenni di tentativi falliti di rilancio ha trovato la sua nuova vocazione: produttore di energia elettrica. Dei 34 milioni di investimento promessi da Enac, ben 16 andranno al fotovoltaico. Praticamente la metà del budget per trasformare uno scalo aereo in una centrale elettrica. Ma davvero crediamo che un aeroporto che non è mai riuscito a decollare possa rinascere grazie ai pannelli solari? O forse è più onesto ammettere che si tratta di un’operazione immobiliare travestita da progetto aeroportuale?
Il vero facilitatore di questa corsa all’oro verde è il Decreto legge 17 del 2022, ribattezzato “Decreto energia” ma che sarebbe più onesto chiamare “Decreto magna magna”. La misura “Solar Belt” ha spalancato le porte a una deregulation selvaggia, permettendo l’installazione di impianti fotovoltaici anche su terreni agricoli con procedure semplificate. Il risultato? Società come Red Brick srl possono aggirare gran parte dei vincoli paesaggistici e ambientali, trasformando qualsiasi area marginale in una miniera di denaro pubblico attraverso gli incentivi alle rinnovabili.
Perché nessuno ha il coraggio di dire che migliaia di pannelli solari piantati nella provincia di Siena sono un pugno nell’occhio quanto qualsiasi capannone industriale? La retorica dell’energia pulita ha reso intoccabile qualsiasi scempio purché sia “sostenibile”. La Val d’Arbia e le colline attorno a Sovicille rischiano di essere invase da file infinite di pannelli. Il paesaggio che ha reso famosa la Toscana nel mondo sacrificato sull’altare della transizione energetica.
Mentre si parla di sviluppo del territorio e nuova occupazione, la realtà è che questi impianti, una volta installati, danno lavoro a pochissime persone. I veri beneficiari sono gli investitori che incassano per decenni i generosi incentivi statali, lasciando al territorio solo l’impatto ambientale. L’energia prodotta? Finisce nella rete nazionale, mica serve ai cittadini della Valdarbia. I profitti? Vanno nelle tasche di società spesso con sede altrove. Al territorio restano i pannelli e la promessa – sempre disattesa – dello sviluppo.
La Truffa della Sostenibilità
È tempo di chiamare le cose col loro nome: questa non è transizione energetica, è speculazione travestita da ambientalismo. Non è sviluppo sostenibile, è consumo di suolo con la coscienza a posto.
La Valdarbia merita di meglio che essere trasformata in una distesa di pannelli solari. Il territorio senese ha bisogno di progetti veri di riqualificazione, non di operazioni finanziarie mascherate da green economy.
Ma finché continueremo a credere che basti dipingere di verde qualsiasi affare per renderlo virtuoso, il paesaggio toscano continuerà a essere sacrificato sull’altare della falsa sostenibilità.
Il sole della Toscana dovrebbe illuminare la bellezza del territorio, non i bilanci di società di investimento.