
Sciopero generale per la Global Sumud Flotilla – le ragioni del sì e del no
2 Ottobre 2025
The Five Satins – In The Still Of The Night
2 Ottobre 2025
A Gaza si combatte ancora, ma intanto circolano voci di un accordo di pace che potrebbe cambiare le sorti del conflitto. La proposta americana divide profondamente: da una parte c’è chi pensa che firmarla significhi tradire la causa palestinese, dall’altra chi, stremato, la considera l’unico modo per sopravvivere.
Dentro ai gruppi armati il dibattito è acceso. Alcuni leader vorrebbero rifiutare l’intesa, convinti che significhi la fine di ogni rivendicazione politica. Altri, invece, chiedono di trattare, ma con precise condizioni: regole chiare per il disarmo, garanzie per chi dovrà lasciare la Striscia, tutela internazionale per evitare vendette e umiliazioni. Il confronto non riguarda solo le fazioni palestinesi: Stati come Qatar, Egitto e Turchia premono perché si trovi una via d’uscita, mentre l’Autorità nazionale palestinese ha dichiarato di essere pronta a collaborare con gli Stati Uniti e altri partner per fermare la guerra e garantire aiuti.
Mentre i leader discutono, i civili restano intrappolati. L’unica strada che collegava Gaza City al resto della Striscia è stata chiusa dall’esercito israeliano, trasformando la città in una gabbia. Migliaia di persone non possono più scappare: tra loro ci sono malati, anziani, bambini piccoli e famiglie che non hanno mezzi per muoversi. Le organizzazioni umanitarie hanno dovuto ridurre le attività per motivi di sicurezza, lasciando i civili senza aiuti essenziali. C’è chi muore cercando cibo, chi non riesce a ricevere cure, chi si rifugia in tende improvvisate sperando di sopravvivere un altro giorno.
Nelle tendopoli e nei quartieri distrutti si parla molto di futuro, ma prevale l’incertezza. Per alcuni la caduta di Hamas potrebbe non significare la fine della causa palestinese, bensì l’inizio di una nuova fase politica; per altri, invece, un accordo imposto dall’esterno annienterebbe ogni speranza di liberazione. In ogni caso, la priorità per la maggioranza dei gazawi è semplice: smettere di vivere sotto le bombe e tornare ad avere cibo, acqua e sicurezza.
Oggi gli scenari possibili sono tre: firmare l’accordo e avviare una transizione sotto supervisione internazionale, rifiutarlo e continuare la guerra a oltranza, oppure raggiungere una soluzione parziale con tregue temporanee e corridoi umanitari. Quale che sia l’esito, resta una certezza: il prezzo più alto continua a pagarlo chi non combatte, ma è costretto a resistere senza via di fuga.