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Il risiko bancario italiano entra nel vivo con l’avvio, da parte di Generali, dell’analisi sull’offerta pubblica di scambio lanciata da Mediobanca su Banca Generali. Un’operazione destinata a segnare la fine dello storico legame tra Trieste e Piazzetta Cuccia. Il consiglio di amministrazione del Leone ha definito la composizione dei comitati incaricati di valutare la proposta, che verrà esaminata nelle prossime settimane con il supporto di advisor indipendenti. La decisione potrebbe arrivare prima dell’assemblea di Mediobanca, a sua volta nel mirino del Monte dei Paschi, con un’offerta sostenuta dal governo.
Proprio a Palazzo Chigi, l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, ha incontrato il capo di gabinetto della premier Giorgia Meloni per illustrare i contenuti industriali dell’operazione, che punta alla creazione di un campione nazionale del risparmio gestito. Il governo osserva con attenzione anche la partita tra Unicredit e Banco Bpm, ma su questo fronte l’esecutivo appare diviso: Meloni e Salvini frenano sull’ipotesi di un incontro tra l’ad Andrea Orcel e il ministro Giorgetti, mentre Tajani spinge per un approccio più aperto e favorevole al mercato.
Intanto, Banco Bpm alza le difese grazie a risultati solidi: 511 milioni di euro di utile nel primo trimestre (+38%), che rafforzano la strategia stand alone e mettono in discussione la convenienza dell’offerta di Unicredit, giudicata dal mercato a sconto. L’ad Giuseppe Castagna ha ribadito la volontà del gruppo di restare autonomo, pur restando aperto a eventuali opportunità future. A complicare ulteriormente il quadro, si aggiunge la possibile mossa della Commissione europea, che potrebbe avocare a sé la valutazione dell’operazione, limitando il margine di manovra del governo italiano.
Le prossime settimane saranno decisive per definire i nuovi equilibri della finanza nazionale, con Trieste, Milano, Roma e Bruxelles impegnate in una partita dalle molteplici implicazioni economiche e politiche.