L’alleanza da 1.900 miliardi nel risparmio gestito fra Generali e Natixis mantiene in mani sicure i Btp, genera più tasse in Italia e garantisce al Leone creazione di valore per un miliardo – che deriva da seed capital e sinergie.
Tuttavia, il matrimonio non genererà utili da subito: bisognerà aspettare almeno il 2028 per incrementare i profitti di almeno 50 milioni. Previsioni elaborate sui valori di oggi e che non tengono conto dell’eventuale attrazione di capitali freschi da parti terze. Se poi Generali o Natixis si tirasse indietro prima di dar vita alla joint venture – entro fine 2025, quindi – pagherà una penale di 50 milioni mentre in seguito saranno gli usuali meccanismi di exit a regolare l’uscita. A due settimane dall’annuncio dell’operazione e pochi giorni dopo la presentazione del nuovo piano strategico, Generali prova a resistere all’attacco degli azionisti Delfin e Caltagirone – critici sulla joint venture – e a rassicurare il governo sugli effetti dell’accordo siglato con il gruppo controllato dalla banca francese Bpce. Al quale, se sarà celebrato, non pensa di rinunciare: «Non è intenzione di Generali – né esistono previsioni contrattuali che possano costringere la medesima a – ridurre la propria partecipazione o i propri diritti di governance nella joint venture».
La compagnia assicurativa si è impegnata ad apportare nei primi cinque anni 15 miliardi di capitale sotto forma di seed capital: si tratta – sottolinea Trieste in una nota – di una quota minoritaria rispetto alle masse complessive gestite e ai flussi di reinvestimenti annui di Generali se si considera che nel triennio del nuovo piano l’obiettivo di raccolta netta sui prodotti assicurativi Vita ammonta a 25-30 miliardi. Nei primi due anni, tuttavia, l’impatto sull’utile netto rettificato sarà nulla; dal 2028, quando verrà meno l’impatto del dividendo preferenziale da 250 milioni destinato a Bcpe, l’effetto sull’utile netto rettificato diventerà positivo per oltre 50 milioni, poi salirà a 125 milioni dal 2030 una volta esauriti anche gli oneri dell’integrazione e grazie alle sinergie a regime.
Riguardo ai timori sul destino dei risparmi degli italiani «è la compagnia di assicurazione a decidere quale è l’allocazione voluta in titoli di Stato e la rispettiva quota da ripartire tra i vari Paesi, dandone specifica indicazione alla società di gestione che rimane vincolata a questa scelta. Alla luce di ciò, l’operazione con Bpce non avrà alcun impatto sulla allocazione quanto ai Btp del gruppo Generali». Inoltre, «sotto il profilo fiscale non si determinerebbe alcun trasferimento di valore fuori dall’Italia e non si avrebbe, come effetto, una riduzione delle imposte assolte in Italia. È anzi plausibile che l’onere fiscale italiano aumenti» grazie alla creazione di una nuovo livello nella catena societaria.
giu.bal.