La situazione resta ancora molto incerta in Niger, dopo le accuse da parte dei golpisti riguardo a un possibile intervento «straniero» per garantire gli interessi dei paesi occidentali nel paese. Ieri Burkina Faso, Mali e Guinea Conakry – tre stati dell’Africa occidentale guidati da governi militari – hanno dichiarato il loro «sostegno» a Niamey e la loro «contrarietà a un possibile intervento militare in Niger». Bamako e Ouagadougou, in un comunicato congiunto fanno sapere che un’azione simile sarebbe paragonabile a «una dichiarazione di guerra nei loro confronti».

«L’OBIETTIVO DELLE MINACCE della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) e di alcuni paesi occidentali è la convalida di un piano di aggressione contro il Niger, al quale ci opporremo con tutti i mezzi», ha indicato il portavoce della giunta nigerina, Amadou Abdramane.
In Niger sono impegnati 1500 militari francesi della missione antijihadista Barkhane, oltre ad alcune centinaia di militari europei (come i 300 soldati italiani e quelli tedeschi) della missione di «addestramento e supporto» a mandato europeo Takuba e un migliaio di militari statunitensi.

SECONDO I MEDIA LOCALI «la palla resta nel campo della Cedeao», che per oggi invierà una delegazione ufficiale, guidata da un ex presidente nigeriano, il generale Abdulsalami Abubakar. Missione che cercherà di mediare per un ritorno «all’ordine democratico» e al «rilascio di Bazoum» – agli arresti presso la sua residenza, ma non ancora ufficialmente dimissionario – oltre a una richiesta per il «rispetto dei diritti civili», dopo le decine di arresti di questi giorni che hanno coinvolto anche 4 ministri.
Toni un po’ più morbidi in confronto a quelli di domenica – al termine del vertice straordinario di Abuja -, quando la Cedeao ha fissato un ultimatum di una settimana per ripristinare «l’ordine costituzionale», non escludendo «l’opzione della forza».

Un primo tentativo, senza i risultati sperati, è stato fatto domenica dal presidente del Ciad, Mahamat Idriss Déby Itno – salito al potere con un altro “golpe” illegittimo, dopo la morte del padre Idriss Déby nel 2021, ma in questo caso sostenuto dalla Francia – che dopo il summit in Nigeria è volato a Niamey dove ha incontrato la giunta militare, il presidente Mohamed Bazoum e l’ex presidente Mahamadou Issoufou.

DOPO L’«ARRESTO» DI BAZOUM, l’ex presidente Issoufou ha incontrato in questi giorni diversi partner in Niger. Ha anche avuto contatti con il segretario di Stato americano Antony Blinken e con la delegazione dell’Unione europea (Ue), che, come la Francia, non riconosce la giunta guidata dal generale Abdourahamane Tchiani, presidente del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp).

«Sto lavorando con vari mezzi, per trovare una via d’uscita negoziata dalla crisi, in particolare per far rilasciare il presidente Mohamed Bazoum e riportarlo in carica – ha dichiarato Issoufou ieri su Twitter – e chiedo a tutti di fare il possibile per proteggere persone e proprietà non solo nei confronti dei nigerini, ma anche dei cittadini stranieri che vivono sul nostro territorio».

Il riferimento è legato agli incidenti dopo la manifestazione di domenica a sostegno dei golpisti, con migliaia di persone radunate davanti all’ambasciata francese a Niamey che inneggiavano alla Russia – Mosca, attraverso il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, ha preso le distanze dalla giunta – e contro la presenza della Francia. Lunedì l’Eliseo ha indicato che «non tollererà alcun attacco contro i suoi interessi» e ha predisposto un piano di evacuazione, cominciato nella serata di ieri, per «i civili francesi ed europei presenti in Niger».

SULLA STESSA LINEA il governo italiano con il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha però chiesto a Parigi «una maggiore sinergia di azione e prudenza», mentre il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha affermato di aver «organizzato un volo speciale per i connazionali che vogliono lasciare il paese (almeno un centinaio)», forse per oggi.