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26 Ottobre 2024Lucca Comics & Games «Dungeons & Dragons» compie cinquant’anni: il primo gioco di ruolo nato in due garage negli Usa è più vitale che mai. Perché l’immaginazione e lo stare insieme vincono sempre
di Vanni Santoni
Dungeons & Dragons compie mezzo secolo e Lucca Comics & Games — ma potremmo dire: il mondo — lo celebra. Non solo perché ha cambiato per sempre il mondo dei giochi e dell’intrattenimento in generale, ma anche perché il primo gioco di ruolo della storia si mostra vitale come non mai, qualcosa che solo un paio di decenni fa non era scontato prevedere. Ma andiamo indietro nel tempo, non di cinquant’anni ma di cinquantacinque, in due diversi garage degli Stati Uniti, dove germinarono le idee che, unendosi, avrebbero dato vita a «D&D».
Il primo si trova a Minneapolis, Minnesota. È il luogo di ritrovo della Midwest Military Simulation Association, dedita alla simulazione di battaglie storiche. Wargames . Tra una partita e l’altra, uno dei membri più attivi, Dave Arneson, resta colpito dalle idee di un giocatore più schivo e occasionale, Dave Wesely, che da un po’ di tempo ha introdotto nelle sue partite un giocatore-arbitro e fa utilizzare ai giocatori singoli personaggi invece di intere unità, in un regolamento aperto in cui si può tentare qualunque tipo di azione. Il gioco si chiama Braunstein , e per quanto il focus sia ancora sulle battaglie napoleoniche, è a ogni effetto il proto-gioco di ruolo, dato che il giocatore-arbitro non è altro che quello che sarebbe diventato noto come «Dungeon Master». Arneson si appropria di tutti i concetti chiave e li include nelle proprie partite. Un giorno, poi, proprio nello svolgimento delle funzioni di giocatore-arbitro, Arneson permette a un druido bretone di lanciare un incantesimo contro un elefante da guerra romano. Alcuni giocatori ridono, altri protestano. Nella sua testa, invece, scatta qualcosa. È il 1970 quando, dopo settimane di lavoro frenetico e segreto, convoca gli altri membri dell’associazione. Sul tavolo c’è il modellino di una cittadella. Questo è Blackmoor , dice Dave, introducendo il primo wargame in cui i giocatori avrebbero interpretato singoli personaggi in un’ambientazione fantasy.
Intanto, in un’altra cantina, a Lake Geneva, Wisconsin, Gary Gygax, figlio di immigrati svizzeri e appassionato di fantasy (sarà anche l’ideatore della Gen-Con, la prima convention dell’industria del gaming, a tutti gli effetti antenata dell’odierno comparto Games della fiera lucchese), organizza a sua volta sessioni di wargame e sviluppa un sistema di regole, Chainmai l, improntato sullo scontro uno contro uno. Quando Arneson giunge a Lake Geneva per la Gen-Con e incontra Gygax, s’innesca la fusione decisiva. Blackmoor incontra Chainmail : l’ambientazione fantasy e il concetto del dungeon master incontrano regole dettagliate, fatte di tiri per colpire, tiri salvezza, caratteristiche e punti-ferita; la fantasia incontra la griglia regolatrice, la griglia incontra le possibilità sfrenate dell’immaginazione. Di lì a qualche anno nasce Fantasy Game , il prototipo di Dungeons & Dragons . Manca ancora un passaggio: mentre Gygax affina le regole e le amplia oltre la semplice gestione degli scontri e verso l’esplorazione di sotterranei, Dave ha l’intuizione finale. I personaggi usati oggi e rimasti vivi, sarebbero stati usati nella sessione successiva e avrebbero conservato memoria ed esperienza; i mostri uccisi oggi avrebbero ingombrato la stanza coi loro cadaveri quando i giocatori sarebbero tornati al tavolo; la spada magica trovata dal guerriero oggi sarebbe stata ancora in suo possesso la settimana successiva, così come le monete del tesoro dei mostri. E se si provasse a uscire per spenderle, queste monete? Fuori dal sotterraneo non è forse logico pensare che ci sia una città? E intorno alla città non ci sono forse campi, boschi, colline, le terre selvagge, il mondo…? Due anni di playtesting più tardi, ecco Dungeons & Dragons .
Niente sarebbe stato più come prima, e ben presto sarebbero nati nuovi giochi: prima in forma di semplici imitazioni, come Tunnels & Trolls , poi come nuovi sistemi di regole e nuove ambientazioni: il gioco di ruolo, come modello di gioco non competitivo (l’obiettivo non è «vincere», ma creare tutti insieme una storia appassionante) e basato su fantasia e interpretazione, si poteva adattare a qualunque genere, che fosse fantasy, fantascienza, horror, guerra, west, cyberpunk, antico giappone e chi più ne ha più ne metta. Tra gli anni 80 e 90 i sistemi di gioco proliferarono, con diversi esempi di qualità, e «D&D» cominciò a esser considerato una cosa del passato. Poi arrivarono cambiamenti tellurici nell’intero mondo dei giochi, che per alcune cassandre segnavano la fine dei giochi di ruolo in generale: prima l’avvento dei giochi di carte collezionabili, su tutti Magic: the gathering , che attinse il primo pubblico dal bacino dei giocatori di ruolo (e non è un caso se la Wizard of the coast , creatrice di Magic, investì i proventi proprio per acquistare la TSR, la società di Gygax e Arneson che produceva Dungeons & Dragons : un gesto anzitutto simbolico); poi l’arrivo dei giochi di ruolo online, che sembravano destinati a soppiantare ciò che rimaneva di quelli tradizionali.
Non sarebbe andata così. I videogiocatori non avrebbero trovato nei giochi online le stesse soddisfazioni — su tutte, l’incontro con gli amici, la consapevolezza di star creando assieme la storia da zero, il fatto che ognuno può immaginare il mondo come vuole — di quelli tradizionali. I giochi di carte collezionabili, pur assestandosi come una solida realtà del mondo ludico, non avrebbero soppiantato i giochi di ruolo; anzi, sul lungo termine avrebbero avvicinato nuovi giocatori a un campo comunque contingente. Infine, dopo la proliferazione di innumerevoli sistemi di regole, i giocatori hanno sentito bisogno di ordine, e sono tornati al «D&D», nel frattempo giunto alla 5° versione delle regole; i giocatori, e molti autori che, volendo dedicarsi solo alle ambientazioni, hanno preferito scrivere manuali e atlanti per Dungeons & Dragons piuttosto che stilare nuove regole da zero, ed eccoci così al 2024: che si dia pure inizio ai festeggiamenti.