La fine del governo Draghi porta sicuramente qualche buona notizia. Per esempio, la fine del ministero superconformista dell’Istruzione guidato da Patrizio Bianchi. Tra le tante cose che non ha fatto Bianchi c’è quella di non aver capito l’espressione di disagio sociale diffuso e la richiesta di utopia degli studenti.
A chiunque capiti di avere a che fare con ragazzi e ragazze intorno ai diciassette, diciotto anni, sa che a un certo punto manifestano con i docenti un malessere generico per il rito scolastico – le interrogazioni, i voti, i banchi, gli scrutini, le gerarchie ovviamente…
Non è soltanto comprensibile, ma sembra singolare anzi come questo non sia un disagio diffuso a tutti. Vista dall’esterno, la scuola sembra alle volte un assurdo.
Alcuni studenti lo dichiarano proprio. “Che hai?” “Odio la scuola, prof”. “Cos’è che odi?” “Tutto, venire a scuola”. Questa insofferenza non viene per forza da chi va male, da chi non si trova con i professori o con i compagni, ma è la dichiarazione di resa di fronte a un’insufficienza costitutiva.
Questa insofferenza, questa esternazione, questa domanda di senso va presa sul serio. Quando mi capita, in alcuni casi gli consiglio di leggere Descolarizzare la società di Ivan Illich, gliene presto una copia: è la critica più radicale e fortunata al sistema scolastico in sé. È un libro del 1971, l’anno in cui la quota del Pil per l’istruzione in Italia toccava i suoi massimi storici.
L’idea di Illich è che la scuola sia un dispositivo funzionale a un modello capitalistico che promuove lo sfruttamento: «La scuola è l’agenzia pubblicitaria che ti fa credere di avere bisogno della società così com’è».
La scuola diventa per Illich una sorta di religione, di sistema rituale, che arruola tutti i cittadini in un programma scolastico “graduato” che ha portato a una successione di diplomi e ricorda i rituali iniziatici e le ordinazioni sacerdotali dei tempi passati.
Lo Stato moderno si è assunto il compito di far rispettare le decisioni dei suoi educatori per mezzo di volonterosi funzionari addetti alla lotta contro l’evasione dall’obbligo scolastico e mediante i titoli di studio richiesti per ottenere un impiego, un po’ come i re spagnoli facevano rispettare le decisioni dei loro teologi servendosi dei conquistadores e dell’Inquisizione.
Illich propone reti educative, informali, aperte, alle strettoie didattiche nelle quali viene formalizzato il processo educativo.
La critica di Illich alla scuola è sicuramente quella che ritroviamo in quasi tutte le istanze, anche oggi in Italia, i movimenti di critica radicale ai sistemi scolastici: spesso somiglia a una exit strategy, ed è così dura nella pars destruens che non riesce a essere solida in quella costruens. Del resto se ci sono arresti degli studenti come a Torino di chi protesta, è molto arduo immaginare una scuola rivoluzionaria, utopica.
SCUOLE UTOPICHE
Persino nelle utopie classiche la scuola conserva caratteri che sembrano eterni, impossibili da modificare. Nell’opera Utopia di Thomas More tutti i bambini hanno diritto a un programma di apprendimento unificato da parte di insegnanti squisiti e religiosi accuratamente selezionati: l’istruzione è di fondamentale importanza.
È l’istruzione che predetermina la longevità di una società basata su un sistema di valori altruistico, che dipende dalla perfetta socializzazione della generazione successiva. Cosa impareranno a Utopia?
Gli studi in Utopia si allontanano dalla vecchia distinzione tra teoria e pratica. Invece della retorica, gli studenti imparano la geometria e, insieme alla musica, tutti studiano l’agricoltura. Sebbene tutti i membri della società siano incoraggiati a leggere e a istruirsi nel tempo libero, solo i veri dotati potranno dedicarsi alla vita intellettuale.
La tensione tra ideologia e pratica, evidente nell’opera di More, ha perso la sua centralità nel discorso educativo contemporaneo.
Nelle utopie, che immaginano una vita e un futuro perfetti, il concetto di educazione ha una funzione fondamentale per organizzare questo ambiente, ma spesso lo fa in modo classista.
Le utopie si basano sull’educazione per la continuazione delle istituzioni. Il concetto di educazione presentato nelle utopie funziona come una proiezione per comprendere l’interpretazione della società nelle utopie.
Così, il tipo di educazione necessaria per una società ideale viene presentato perché lo scrittore utopico è un buon osservatore della sua società e cercherà di eliminare le ragioni e di trovare soluzioni per le azioni sbagliate da lui osservate nella società proprio attraverso le istituzioni educative. Forse il prossimo ministro potrebbe ricominciare da questo tipo di immaginazione.