
MONIKA ERTL, LA GUERRIGLIERA TEDESCA CHE VENDICÒ CHE GUEVARA
21 Giugno 2025
Ray Charles – What’d I Say (1959)
21 Giugno 2025
Nel conflitto tra Israele e Iran non si intravede una fine. Missili, droni, attacchi mirati e omicidi di scienziati scandiscono i giorni, mentre l’escalation militare si estende a territori, settori industriali e spazi digitali. Israele colpisce, l’Iran risponde. Ma a mancare è un obiettivo politico chiaro.
I costi sono altissimi: miliardi spesi ogni settimana per difesa e bombardamenti, mentre la guerra rischia di travolgere l’intera regione. Lo Stretto di Hormuz, da cui transita il 30% del petrolio mondiale, è tornato a far tremare i mercati. Basta una minaccia, e il prezzo del greggio sale, spingendo inflazione e instabilità in Europa e Stati Uniti.
Nel frattempo, cresce il sospetto che le decisioni militari siano guidate da calcoli interni più che da vere strategie. L’ex capo del servizio segreto israeliano avverte: “Senza una visione politica, ogni guerra diventa eterna. E rischiamo di perdere Israele come democrazia ebraica”.
Anche il senso stesso di giustificazione sembra svanito. Non servono più prove, basta la percezione di una minaccia. Così si cancella la distinzione tra guerra e violenza arbitraria. Si combatte “perché si sente il rischio”, non perché ci sia.
Mentre i governi ringraziano chi combatte al posto loro, la società civile è debole, distratta, incapace di costruire un’opposizione credibile. E così, tra guerre senza fine e poteri senza freni, si rischia di oltrepassare il punto di non ritorno: quello in cui la politica cede definitivamente il passo al caos organizzato.