Firenze. Il piano di Funaro per 10 mila parcheggi: scambiatori, interrati o in affitto part-time
27 Aprile 2024Chi è il sindaco di Siena?
27 Aprile 2024L’intervento
di Paolo Giordano
La notte sogno molto meno, spesso non sogno affatto. Va avanti da alcuni anni ormai. Colpa dei sonniferi, certo, dei ritmi biologici che cambiano con l’età, dell’immaginazione che declina. Ma forse è anche la sovrabbondanza di realtà, un eccesso specifico di questo tempo. Succedono troppe cose, troppo grandi, la realtà invade perfino lo spazio del sonno. Onestamente: non so.
Ma so che per molto tempo la mia vita notturna è stata più interessante di così. E rendeva più interessante anche la mia vita diurna. Vivere la veglia nello strascico del sogno: non è ciò che cerca ogni romanziere? Avrei voglia di riprendermi quella doppia vita, ma non conosco gli amuleti necessari, i riti, nella mia tradizione non ne esistono. Quindi sto sperimentando altre tecniche, in particolare una specie di immaginazione attiva inventata da me: chiudo gli occhi, mi aggancio al primo stimolo sensoriale disponibile e da lì proseguo per associazioni mentali velocissime, così veloci da non concedermi il tempo di pensare alla natura delle associazioni stesse. Il prurito alla mano porta a un giorno al mare in cui persi l’anello nuziale sott’acqua che porta al maestro Walter quando disse a mia madre che non ero tagliato per lo sport… eccetera. Immancabilmente, dopo alcuni passaggi, salta fuori un ricordo d’infanzia che avevo apparentemente scordato, come se l’infanzia fosse il punto di caduta naturale di ogni processo associativo. Qualche volta arriva perfino il ricordo di un sogno di allora. Non è proprio come sognare, ma un po’ ci assomiglia.
Eppure non sono soddisfatto. Perché la mia tecnica mi fa sognare solo all’indietro, mentre io ho sempre atteso i sogni come slanci in avanti. Ultimamente mi sembra che tutto il mondo sogni all’indietro. Di certo sogna all’indietro l’Europa.
Per esempio, le vendite di libri di letteratura straniera sono precipitate in quasi in tutti i Paesi europei, compreso il nostro. L’Europa era il sogno collettivo in avanti della mia generazione.
Ma adesso preferiamo sognare nella nostra lingua, sognare nella nostra cultura, sognare all’indietro. Guidando verso l’aeroporto di Fiumicino, ieri, guardavo i manifesti elettorali, guardavo quello che dice «Più Italia, meno Europa», guardavo quello che promette di cambiare l’Europa dall’Italia, gli altri dove le stelle europee sono cautamente occultate. Tutti sogni all’indietro.
Mai come quest’anno, da quando ne ho memoria, il 25 Aprile è stato sentito, mai come quest’anno la sua celebrazione è suonata attuale. Ci troviamo costretti a ribadire ciò che sembrava acquisito, perché evidentemente acquisito non era. Ci troviamo costretti a sognare all’indietro.
I sogni del futuro, oggi, sono per lo più visioni del passato. Ombre del Novecento, confini del Novecento, riverberi sinistri di guerre del Novecento, e noi sogniamo all’indietro. We dream backwards. On rêve en arrière.
Nel dormiveglia insisto con le associazioni casuali, è un’esplorazione inefficace, come muoversi a tentoni, ma non voglio smettere di credere che possa condurmi, prima o poi, in un punto dell’immaginazione dove non sono ancora stato, proprio come i sogni, quelli veri, dovrebbero fare.