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3 Ottobre 2025Il consenso costruito sul conflitto continuo
In Italia, oggi, l’unità nazionale sembra non avere più cittadinanza. Ogni volta che si raggiunge, invece di essere valorizzata, viene nascosta o subito riassorbita dentro la polemica. È accaduto di recente in Parlamento, con la risoluzione su Gaza: un voto senza contrari, un fatto quasi eccezionale per temi così delicati. Avrebbe potuto essere un momento di coesione, un segnale positivo per l’opinione pubblica. Invece è rimasto confinato nei palazzi, mentre nello spazio pubblico il dibattito è tornato subito al registro abituale: scontri, accuse, tifoserie contrapposte.
Questa logica la conosciamo bene: la politica vive di conflitto permanente. Nelle istituzioni si trovano compromessi, ma fuori si preferisce insistere sul “noi contro loro”. Perché il conflitto mobilita, rafforza identità, porta consenso. L’unità, invece, sembra un rischio: un passo indietro, un sospetto di intesa col nemico.
L’esempio di Piancastagnaio
Non è una dinamica che riguarda solo Roma. Anche qui a Piancastagnaio, sullo stesso tema della Palestina, il Consiglio comunale ha approvato all’unanimità una mozione. Un fatto che di per sé rappresenta un segnale importante: su un argomento così delicato, la comunità istituzionale si è espressa con una sola voce.
Ma invece di sottolineare questo risultato, ci si è ritrovati a discutere di metodo e di procedure. La minoranza aveva ricevuto il testo con il tempo necessario per presentare proposte, ma non ha rispettato i tempi previsti dal regolamento consiliare. La maggioranza si è quindi trovata nell’obbligo di depositare la propria mozione nei termini regolamentari, per consentire l’inserimento dell’argomento all’ordine del giorno. Le integrazioni sono arrivate soltanto dopo, fuori tempo massimo, e pur essendo state prese in esame non sono state accolte per preservare l’equilibrio del testo.
Un documento scritto a quattro mani sarebbe stato possibile, se anche la minoranza avesse rispettato i tempi previsti dal regolamento consiliare. Così non è stato, e l’unità sostanziale sul merito si è trasformata in conflitto sulla forma e sulla comunicazione.
Il rischio di vivere solo di scontri
Ecco il paradosso: anche quando ci si trova uniti sul merito, la logica della contrapposizione prevale. Il risultato è che ai cittadini arriva il messaggio sbagliato: non “abbiamo deciso insieme”, ma “ci accusiamo a vicenda”. È la stessa dinamica che logora il dibattito nazionale e che rischia di impoverire anche la vita democratica locale.
Il conflitto fa parte della democrazia e ha un valore positivo quando serve a chiarire posizioni e a generare scelte diverse. Ma se tutto diventa conflitto, se ogni occasione di convergenza viene sprecata, allora a perdere non è la maggioranza o la minoranza: è la comunità nel suo insieme.
Per questo credo che serva un cambio di passo. Non si tratta di nascondere le differenze, ma di riconoscere i momenti in cui l’unità è necessaria e preziosa. È da lì che passa la credibilità delle istituzioni, a ogni livello.
Pierluigi Piccini