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1 Settembre 2025Nel cuore di Firenze, dove per 150 anni risuonavano le note di Verdi, oggi svetta un cubo grigio che sembra uscito da un altro pianeta. Al posto del Teatro Comunale c’è ora un palazzo di appartamenti di lusso che ha fatto infuriare mezza città.
Il Teatro Comunale chiude nel 2014. Aveva resistito ai bombardamenti del ’44 e all’alluvione del ’66, ma non agli affari immobiliari. Nel 2008 finisce nella lista dei beni da vendere. Nel 2013, dopo tre aste deserte, il Comune lo cede alla Cassa Depositi e Prestiti per 23 milioni. Nel 2020 passa a un fondo immobiliare per 27 milioni.
Nel 2021 inizia la demolizione: via tutto tranne la facciata. Al suo posto sorgono tre edifici con 186 appartamenti per turisti ricchi, coronati da quel cubo bianco e nero che ora domina Corso Italia.
I cittadini l’hanno soprannominato “cubo nero” o “ecomostro”. Nelle strade si sente: “Ma che roba è? Sembra un frigorifero”. Un sondaggio della Nazione è impietoso: il 74% lo demolirebbe, solo il 5% lo trova adatto.
La rabbia è tale che la Procura di Firenze ha aperto un’inchiesta per verificare violazioni edilizie. Anche il Ministero della Cultura si è mosso. Il Times di Londra ha dedicato un articolo alla vicenda, paventando il rischio che Firenze perda il riconoscimento Unesco.
Ora tutti fanno finta di non ricordare. L’ex soprintendente che ha dato l’ok dice: “Ho firmato migliaia di atti, non ricordo”. La sindaca attuale scarica la responsabilità sui predecessori. Ma qualcuno ha pur deciso di demolire un teatro per costruire appartamenti da migliaia di euro a notte.
Il vero problema non è solo estetico. È quello che rappresenta: una Firenze che preferisce il turismo di lusso alla cultura. Altri teatri italiani distrutti da guerre e calamità sono stati ricostruiti. Solo a Firenze si è scelto di farne appartamenti.
Dove c’era un luogo di incontro e cultura, ora c’è speculazione immobiliare. Il cubo grigio che svetta sui tetti rinascimentali è il simbolo di un’occasione perduta per sempre.
La prossima volta che alzate gli occhi su Corso Italia, ricordatevi: lì un tempo c’era la musica.