Carlo Cottarelli
Non so se Matteo Renzi (vedasi la sua lettera al Presidente Sergio Mattarella) abbia ragione a sostenere che la procedura seguita dal governo per la presentazione della legge di Bilancio sia incostituzionale a causa delle modifiche che si stanno ancora apportando al suo testo dopo un’approvazione già avvenuta da parte del Consiglio dei Ministri. Ma resta il fatto che questo governo, come altri in passato, si sta muovendo senza rispettare le scadenze previste dalla legge per la preparazione della legge di Bilancio. Il sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze lo dice chiaramente: «Il nuovo disegno di legge di Bilancio viene presentato al Parlamento entro il 20 ottobre di ogni anno». Sto scrivendo questo pezzo una settimana più tardi e stanno ancora discutendo. Vediamo se oggi (28 ottobre per il lettore, fatidico anniversario della marcia su Roma) sarà la volta buona. Solo con il testo definitivo sarà possibile un commento completo della legge di Bilancio. Mi limito quindi ad alcuni spunti sui temi più caldi in discussione.
Primo, le pensioni. Il governo si sta scontrando con la realtà dei fatti. Negli ultimi vent’anni l’unica spesa pubblica primaria che è tendenzialmente e significativamente aumentata rispetto al Pil è la spesa per pensioni. Guardando in avanti, lo scenario A (quello in assenza di riforme) del Documento di Economia e Finanza dell’aprile scorso ci dice che la pressione della spesa pensionistica sarà tale che, in assenza di interventi, il rapporto tra debito pubblico e Pil tenderà a crescere rapidamente dopo il 2026. Fa bene, quindi, il governo a puntare su tagli in quest’area. Fa bene ma con due puntualizzazioni. La prima è che anche quest’anno il problema è affrontato solo per l’anno a venire. Poi si vedrà. Non il modo migliore per dare certezze a chi, legittimamente, deve pianificare il proprio futuro alla fine della vita lavorativa. La seconda è che chi, nel governo, aveva attaccato pesantemente gli autori della riforma di fine 2011 dovrebbe per lo meno presentare le sue scuse. Certo, errori furono fatti in quella riforma, ma nella sostanza si riconosce ora che un allungamento dell’età di pensionamento (e un taglio delle pensioni ottenuto attraverso l’incompleta indicizzazione delle stesse sopra certi livelli) è inevitabile in un paese dove si vive più a lungo e si sono fatti pochi figli. Dopo l’illusione di Quota 100, si è dovuti passare a Quota 102, poi 103, poi 104, anzi no ancora 103, ma con “finestre” di uscita ritardate, con risultati non molto diversi.
Passiamo alle controversie sulla spesa sanitaria. Qui c’è poco da fare: i 3 miliardi aggiunti per il 2024 al Fondo Sanitario Nazionale non sono abbastanza per compensare l’aumento previsto dei prezzi, proprio come è stato nel 2023: ne consegue che tra il 2022 e il 2024 la spesa sanitaria si ridurrà di oltre il 4%, sempre in termini di potere d’acquisto. Il resto è solo propaganda.
Terzo argomento scottante: la Tampon tax, ossia il ritorno all’aliquota del 10% per assorbenti e prodotti per l’infanzia. Qui do ragione al governo. Nessuna tassa è piacevole, ma da qualche parte le risorse devono pur venire. Il governo ha preferito favorire la maternità con sconti sugli asili nido e maggiori congedi parentali. Mi sembra ragionevole perché queste sono le cose che meglio conciliano il lavoro con la nascita e la cura dei figli.
Quarta misura: l’aumento della cedolare secca per gli affitti brevi. Chiaramente un favore alla lobby degli hotel. Però effettivamente l’affitto breve è assimilabile a quello di un’attività alberghiera più che quello di una locazione fatta a una famiglia. Meglio questa tassa che altre.
Infine, due parole sulle mani sui conti correnti degli italiani. Qui non si tratta di conti in generale, ma di persone che non hanno pagato le tasse come avrebbero dovuto. La misura, così come si leggeva nelle bozze dei giorni scorsi, potrebbe consentire al Fisco, una volta verificato che la somma da incassare è corretta e fondata, e trascorsi 60 giorni in assenza di contestazione, di rivolgersi direttamente alla banca per l’incasso. Non mi sembra insensato, al di là del fatto che la misura è scomparsa dalla bozza circolata ieri. Ora esigenze politiche comportano l’uso di un linguaggio più “politically correct”. La norma, come da comunicato di Palazzo Chigi, implica «in coerenza con quanto previsto dalla delega fiscale… la possibilità di utilizzo di strumenti informatici per efficientare strumenti già esistenti utilizzati per il recupero d’importi relativi a cartelle esattoriali per le quali il contribuente non ha presentato ricorso e non ha ottenuto una sospensione giudiziale». Poi magari servirà un decreto attuativo, tanto per far raffreddare gli animi. Esigenze della coalizione di governo…