
DIGEST STRATEGICO – Venerdì 14 novembre 2025
14 Novembre 2025
L’eterna tentazione di sostituire Dio e la voglia del bambino “perfetto”
14 Novembre 2025Il colloquio In arrivo il film sul processo al Reich Nel cast anche Russell Crowe
di Francesca Scorcucchi
«Kelley era affascinato da Hermann Göring. Era riuscito ad individuare l’umana natura della sua ambizione, della sua intelligenza e persino della sua spietatezza». Rami Malek descrive così il personaggio di Douglas Kelley, che interpreta in Norimberga, dal 18 dicembre al cinema.
Dopo l’Oscar per aver dato il volto a Freddie Mercury in Bohemian Rapsody, Malek torna a vestire i panni di un personaggio reale. Allo psichiatra Douglas Kelley, medico dell’esercito americano, fu affidato il compito di valutare se Hermann Göring, così come gli altri imputati di uno dei dodici storici processi di Norimberga, fosse in grado di affrontare il dibattimento. Non solo certificò la sanità mentale del numero due della gerarchia nazista, ma ne subì l’oscuro fascino, affidato sul grande schermo al talento di Russell Crowe.
Scritto, prodotto e diretto da James Vanderbilt, il film racconta il processo e, prima, i colloqui fra Kelley e Göring nella cella. «Abbiamo ricreato lo stesso ambiente angusto, dove né Crowe né Malek potevano muoversi e il risultato è una sorta di sparatoria di parole», dice James Vanderbilt che ha cominciato a lavorare al film tredici anni fa, quando per la prima volta lesse Il nazista e lo psichiatra, di Jack El-Hai, da cui il film è tratto. «Immediatamente capii che quella storia doveva essere raccontata».
Douglas Kelley tenne un diario della sua esperienza, era la bozza del libro che avrebbe scritto a processo concluso. Vi scrisse che il nazismo per lui non era un virus, non era un disturbo mentale collettivo. Al contrario, quelli che lo psichiatra aveva esaminato erano individui lucidi e molto intelligenti, disposti a tutto per il potere, e Hermann Göring era il primo fra questi. «Una combinazione di narcisismo, spietatezza, carisma e teatralità».
Il profilo
Aveva individuato l’umana natura della sua ambizione, della sua intelligenza e spietatezza
Norimberga, di cui proprio quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario, fu un evento senza precedenti: quattro nazioni, Stati Uniti, Russia, Francia e Regno Unito lasciavano da parte dissapori e divisioni — siamo alle soglie della Guerra fredda che avrebbe caratterizzato i successivi decenni — e univano le forze per assicurare alla giustizia alcuni dei peggiori criminali di guerra. «Si dibatté a lungo se fosse il caso di fare quei processi — dice il regista —, l’esercito americano era contrario. Il punto di vista dei militari era che se si fossero giudicate persone che avevano eseguito ordini si sarebbe stabilito un pericoloso precedente. Prevalse la tesi che fosse necessario invece accertare le responsabilità personali di quegli spietati individui».
Già Stanley Kramer, nel 1961, portò al cinema la vicenda. Vincitori e vinti, con Spencer Tracy, Burt Lancaster, Montgomery Clift e Marlene Dietrich, vinse due Oscar: migliore attore protagonista, Maximilian Schell, e migliore sceneggiatura non originale. «Il nostro progetto non racconta gli stessi fatti — dice Malek che si definisce un appassionato di storia —, però abbiamo tutti rivisto quel film prima delle riprese, ci ha aiutato a comprendere il periodo e le ragioni di quel momento storico».
Lo stesso Douglas nel suo diario spiegò la necessità di un racconto pubblico, sotto forma di processo, dei crimini del nazismo. «I nazisti non erano fantocci che obbedivano agli ordini, ma persone ambiziose, aggressive, intelligenti e spietate come uomini d’affari — scrisse —, il “germe” nazista che avevo sperato di trovare non esisteva».
Quel viaggio nell’oscurità della mente dei nazisti fu pagato a caro prezzo. Douglas Kelley si uccise con una pillola di cianuro nella notte di Capodanno del 1958, esattamente lo stesso metodo con cui Göring si tolse la vita poco prima della sua esecuzione, di fatto manipolando ancora una volta la narrazione della propria esistenza.





