Molto ipocritamente Silvio Berlusconi, che ha sempre impostato, e talvolta persino vinto, le campagne elettorali sul suo nome e sulla sua persona fisica: “il corpo del leader”, afferma di non appassionarsi alla ricerca della candidatura del centro-destra a Palazzo Chigi.

Lui sta lavorando al programma, sapendo che non è affatto facile produrre altre proposte mirabolanti come quelle del lontano Contratto con gli italiani del 2001 (e trovare un conduttore televisivo accomodante come Bruno Vespa che gli offrì tutta la sceneggiatura possibile).

Tuttavia, il milione di alberi (trascurando che nel Piano di Ripresa e di Resilienza ne sono già previsti sei milioni) e i 1000 Euro al mese di pensione minima per tutte le nostre nonne e mamme è già un bel programma.

No, Berlusconi non scrive programmi. “Spara” priorità incontrollabili. Forse gli italiani, a giudicare dai sondaggi che danno Forza Italia in netta flessione, gli hanno preso le misure. Non pochi, importanti parlamentari lo hanno lasciato, “tradito” sostiene lui con poca classe.

Giorgia Meloni teme giustamente che Berlusconi e Salvini si siano già messi d’accordo  per tradire l’impegno che chi prende più voti andrà a Palazzo Chigi.

Nel bene, la coerenza politica della leader di Fratelli d’Italia, all’opposizione, e programmatica, atlantista più sovranista che europeista, è fuori dubbio.

Lei, la sua figura è il programma, facile da capire, facile da votare anche se il fantasma del fascismo eterno non può essere esorcizzato.

Meloni si giova anche del ruolo di reale contendente opportunisticamente attribuitole dal segretario del Partito democratico Enrico Letta che spera in questo modo in un lungo e alto sussulto antifascista che riempia il suo “campo”, largo e aperto, ma tuttora non sufficientemente frequentato.

Neppure nel centro-sinistra i programmi stanno al centro della proposta per attrarre e convincere l’elettorato.

Calenda tenta di egemonizzare il centro intorno alla sua persona che agita in maniera frenetica. Mette dodici punti nero su bianco, ma sostanzialmente sono una revisione di quanto stava facendo e progettando il presidente del Consiglio Mario Draghi.

Dulcis neanche troppo in fundo, Calenda afferma che Letta non può essere il candidato per Palazzo Chigi. Verrà stanato e candidato l’irreprensibile Mario Draghi.

D’altronde chi meglio di lui, se non è stanco, come in maniera poco elegante ha sostenuto Berlusconi per giustificarne la mancata fiducia, potrà aggiornare e attuare la sua agenda?

Meloni verso Letta; non-draghiani verso draghianissimi: come è bello, anche no, il nuovo bipolarismo italiano (alle vongole avrebbe certamente aggiunto Ennio Flaiano).

Comunque, sia chiaro che se lo meritano molti italiani, soprattutto quelli del #iononvoto.