Il nuovo logo ufficiale del ministero dell’istruzione e del merito che è stato presentato sul proprio sito e sui social non è soltanto un’occasione, l’ennesima, dopo la campagna Open to meraviglia, per scatenare una shitstorm di incredulità e indignazione, ma apre una discussione seria su una oscenità caricaturale.
Qui non stiamo parlando del fallimento grottesco di Open to meraviglia; l’immagine non è stata pensata per una campagna promozionale, ma ha un valore istituzionale e vuole riscrivere profondamente i segni fondamentali che rappresentano l’istituzione scolastica.
Il restyling del logo sembra essere un esito quasi automatico del cambiamento che il ministro Valditara e questo governo tutto ha voluto dare addirittura alla dicitura del ministero stesso aggiungendo “del merito” al nome precedente.
UNO SVUOTAMENTO DEI CODICI
Che non fosse un’aggiunta da poco ma anzi stravolgesse intimamente lo statuto e la storia dell’istituzione democratica scolastica, diventa una conclusione plateale con questo nuovo logo. Sembra che la forma con cui la destra al governo ritenga di occupare i ruoli di potere comprenda evidentemente una trasformazione – uno svuotamento e un’alterazione – dei codici, anche simbolici, della repubblica.
Qui il simbolo della repubblica scompare, scompaiono i vari elementi che ci sono in quel simbolo, l’ulivo che sta per la pace e la fratellanza internazionale, la quercia che è per la dignità sociale, la ruota dentata per il lavoro (art.1). Al loro posto compaiono, bianche su azzurro, solo le lettere allungate e bombate, dell’acronimo MIM, con la I sovrastata da una macchia stondata tricolore.
Non ci vuole un’analisi semiotica raffinata – l’hanno notato in moltissimi – per riconoscere molte analogie nelle forme delle M dei fasci littori stilizzati, come è innegabile che tra colori e forme ci siano molte analogie con il simbolo di Fratelli d’Italia.
UN LOGO BRUTTO
Tutto questo vale senza contare un’altra questione gigantesca: l’innegabile bruttezza del logo, la sciatteria con cui è stato pensato e realizzato. Si tratta di un’imperizia non solo farsesca ma imperdonabile per chi come un ministero ha bisogno di un credito di autorevolezza rispetto alla sua estesa comunità educante – quasi nove milioni di studenti, quasi un milione di docenti e personale scolastico, e poi tutti coloro che hanno a che fare con la scuola, ossia tutti in un modo o nell’altro.
Per il simbolo della Repubblica ci fu un grande concorso pubblico, qui non è stata nemmeno chiarita la forma della commissione e non c’è stata la minima trasparenza sul processo di selezione delle immagini. Questo è chiaramente un insulto all’idea stessa di merito, se lo si vuole prendere almeno nella sua accezione più neutra di professionalità.
IL LOGO VA RITIRATO
E lo è ancora di più considerando la centralità nella formazione della scuola italiana sulla capacità di riconoscere segni e produrre opere, e il senso altissimo che viene dato al patrimonio culturale (l’articolo 9 della costituzione), che chiaramente non comprende solo i beni materiali ma anche quelli creativi (un dibattito acceso attraversa in questi giorni il diritto di uso immagini, a partire dalla Venere di Botticelli diventata protagonista della campagna del ministero del turismo). Quanto, per dire, questo nuovo logo è ingiurioso per gli studenti e i docenti che tutti i giorni studiano grafica o storia dell’arte?
Il ministro Giuseppe Valditara si è già fatto notare moltissimo per il suo disastroso protagonismo nella comunicazione istituzionale, tanto che sembrava che le sue uscite imbarazzanti fossero diminuite, e la consulenza di Maria Latella che lo voleva ospite su Sky sia stata rimodulata in dei caricaturali video su YouTube, caricati sul sito del Miur – trasformatosi in buona parte in un blog di Valditara – a cadenza settimanale che si chiamano “Il ministro risponde” (tra parentesi, Maria Latella è stata contrattualizzata?).
Non abbiamo accennato nemmeno alla spesa che questo cambio di nome e di logo comporta alle casse poverissime delle scuole italiane, che devono rinnovare timbri e carta intestata senza nessuna ragione: parliamo di milioni di euro, probabilmente.
Lo sdegno collettivo prodotto da questo restyling non è soltanto una shitstorm: il logo va ritirato. Ci sono esempi luminosi di come lo stato possa finanziare l’arte pubblica – a partire dal Public Works of Art Project degli anni venti negli Stati Uniti.