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28 Settembre 2025Un dispositivo antropologico per la salute sociale
Il doppio movimento del sacro
Il Palio di Siena rappresenta uno dei rari esempi sopravvissuti in Occidente di sistema rituale integrato capace di gestire contemporaneamente due funzioni antropologiche fondamentali: la scarica catartica della violenza accumulata e la ricomposizione dell’ordine sociale comunitario. Questo doppio movimento – prima esplosivo, poi ricompositivo – configura un meccanismo di straordinaria efficacia per la salute collettiva di una comunità urbana.
La catarsi: il Palio come scarica rituale
La corsa stessa costituisce il momento catartico per eccellenza. Nel giro di novanta secondi si concentra e si libera la tensione accumulata durante mesi di preparazione, ma anche quella più profonda sedimentata nelle rivalità storiche, nei conflitti quotidiani, nelle frustrazioni individuali e collettive che ogni comunità inevitabilmente produce.
Cruciale è qui la partecipazione attiva di ogni contradaiolo. Non si tratta di assistere a uno spettacolo, ma di essere parte integrante del rito. Ogni membro della contrada vive la corsa nel proprio corpo: il battito cardiaco accelera, l’adrenalina sale, la voce si fa rauca. La tensione fisica e psichica trova una via di scarica che è insieme individuale e collettiva, personale e comunitaria.
Questo meccanismo rappresenta qualcosa che la società occidentale contemporanea ha largamente perduto. Dove l’individuo moderno può ancora sperimentare una catarsi autentica che non sia mediata, spettacolarizzata, consumata passivamente? Il cinema, il teatro, persino lo sport professionale ci relegano al ruolo di spettatori. Consumiamo catarsi senza produrla, assistiamo alla liberazione senza viverla.
La ricomposizione: le feste d’ordine
Se il Palio libera, le celebrazioni successive ricompongono. Le feste post-vittoria delle contrade non sono momenti di trasgressione carnevalesca dove l’ordine sociale viene temporaneamente rovesciato, ma rituali di conferma che sacralizzano e consolidano la gerarchia comunitaria esistente.
Qui emerge la seconda funzione del sistema rituale senese: dopo aver permesso la scarica delle tensioni, ricostituisce il tessuto sociale riaffermando ruoli, appartenenze, gerarchie. Il fantino vittorioso, i dirigenti della contrada, i contradaioli di antica data vedono confermato e anzi esaltato il loro status. Non c’è rovesciamento, ma sublimazione dell’ordine esistente.
Questa dinamica produce una mentalità comunitaria caratterizzata da forte coesione interna, resistenza al cambiamento, privilegio della continuità sulla innovazione. La festa diventa un momento di auto-legittimazione della struttura sociale, dove l’appartenenza viene costantemente riaffermata attraverso rituali di inclusione ed esclusione.
Il sistema integrato: violenza e ordine
L’efficacia antropologica del Palio risiede proprio nell’integrazione di questi due momenti. La catarsi senza ricomposizione produrrebbe caos; l’ordine senza scarica genererebbe repressione patologica. Siena ha mantenuto un equilibrio che permette alla violenza di esistere – anzi di essere celebrata – ma entro confini rituali che la trasformano in energia comunitaria piuttosto che in distruzione sociale.
È un meccanismo antico quanto l’umanità, che molte società tradizionali conoscevano: la capacità di metabolizzare collettivamente i conflitti invece di rimuoverli o medicalizzarli. La violenza non viene negata – impossibile del resto cancellarla dalla natura umana – ma canalizzata, simbolizzata, trasformata in coesione.
Le patologie della modernità
Il confronto con la società occidentale contemporanea è illuminante. L’individualismo moderno ha smantellato la maggior parte dei dispositivi rituali tradizionali senza sostituirli con equivalenti funzionali. Il risultato è un accumulo patologico di tensioni irrisolte che si manifesta in forme diverse: depressione diffusa, violenza domestica, dipendenze, fanatismo politico, consumismo compulsivo.
L’individuo moderno è sovraccarico di stimoli conflittuali che non sa come elaborare collettivamente. Manca di comunità autentiche in cui poter scaricare ritualmente le proprie tensioni e ricomporre i propri legami sociali. I surrogati offerti dalla società dei consumi – dallo shopping terapeutico ai reality show – sono simulacri che non offrono vera partecipazione né autentica catarsi.
I gesti codificati dell’appartenenza
Al di là delle interpretazioni che si ripetono ogni luglio e agosto, durante tutto l’anno, emerge una realtà più complessa e insieme più affascinante: il Palio come sistema performativo dove l’appartenenza si conquista e si mantiene attraverso gesti, linguaggi e reazioni rigidamente codificati.
Sotto l’apparente spontaneità della passione contradaiola si nasconde un meccanismo sofisticatissimo di inclusione ed esclusione. Per appartenere davvero non basta nascere nel rione: bisogna imparare a performare l’appartenenza attraverso i gesti giusti, le reazioni appropriate, i linguaggi canonici, un uso codificato del corpo. Chi sbaglia la performance rischia l’espulsione silenziosa dal sistema.
Questa dinamica sfugge alle letture convenzionali perché si presenta mascherata da autenticità popolare. Ma osservata in profondità rivela un dispositivo di controllo sociale di straordinaria efficacia: la comunità si auto-regola attraverso la sorveglianza reciproca delle performance identitarie. Non servono regole scritte quando tutti sanno esattamente come si deve reagire, cosa si deve dire, come ci si deve comportare.
La ripetizione dei linguaggi – sempre gli stessi aggettivi, le stesse enfasi, le stesse narrazioni – non è casualità ma necessità sistemica. Attraverso la ripetizione si mantiene la coerenza del codice, si trasmette il sapere performativo, si identificano immediatamente i “fuori posto”.
La scrittura come liberazione dal rito
Scrivere di questi meccanismi significa sottrarsi alla loro presa ipnotica. Fin quando rimangono nella sfera dell’esperienza vissuta, questi dispositivi mantengono la loro forza di cattura. Ma nel momento in cui vengono tradotti in analisi, perdono la loro naturalezza apparente e rivelano la loro vera natura.
È questo forse il vero potere liberatorio della scrittura: trasformare l’ossessione in comprensione, il coinvolgimento emotivo in distanza critica. Non per giudicare – sarebbe arrogante e stupido – ma per capire come funzionano i meccanismi attraverso cui le comunità umane si tengono insieme e si perpetuano.
Siena come laboratorio antropologico
In questo contesto, Siena rappresenta un laboratorio di salute comunitaria di straordinario interesse. Una città che ha conservato la capacità di gestire tanto il conflitto quanto la coesione attraverso rituali partecipati e autentici. Il prezzo di questa salute è una certa chiusura verso l’esterno, una resistenza al cambiamento, una tendenza alla conservazione sociale. Ma è un prezzo che la comunità senese sembra disposta a pagare in cambio di una identità forte e di legami sociali solidi.
Non si tratta di idealizzare questo modello né di proporlo come universalmente replicabile. Ogni società deve trovare i propri equilibri. Ma l’esempio senese ci ricorda che la salute di una comunità dipende anche dalla sua capacità di offrire ai propri membri modalità autentiche di partecipazione rituale, di scarica catartica, di ricomposizione sociale.
Verso nuove ritualità?
La domanda che emerge è se la società contemporanea possa e debba recuperare forme di ritualità comunitaria adeguate ai nostri tempi. Non necessariamente attraverso la conservazione di tradizioni antiche come il Palio, ma inventando nuove modalità di partecipazione collettiva che permettano agli individui di elaborare insieme conflitti e tensioni, di sperimentare appartenenza autentica, di costruire identità condivise.
Il rischio altrimenti è che l’Occidente continui a produrre individui sempre più isolati, sempre più carichi di tensioni irrisolte, sempre più privi di comunità autentiche in cui riconoscersi e rigenerarsi. Il Palio di Siena, nelle sue luci e nelle sue ombre, ci ricorda che esistono alternative possibili a questa deriva. Sta a noi immaginare come declinarle per il nostro tempo.