di Iacopo Scaramuzzi
CITTà DEL VATICANO — Alla vigilia di un Sinodo che si annuncia scoppiettante, il Papa ha assestato al fronte conservatore un colpo che contiene tre messaggi. Francesco ha chiarito, nero su bianco, che la sua decisione di riammettere i divorziati risposati all’eucaristia è dottrina che non ammette disobbedienza.
Bergoglio aveva preso questa decisione nel 2016, ma molti vescovi non l’hanno mai applicata. Anche allora c’era stato un sinodo con discussioni molto accese e alla fine il Papa aveva scritto un’esortazione apostolica, Amoris laetitia ,che conteneva una svolta. Tanto per Giovanni Paolo II quanto per Benedetto XVI, quando due fedeli si sposano in seguito a un divorzio, possono comunicarsi solo se vive «come fratello e sorella». Niente sesso, insomma, perché il precedente matrimonio, fallito umanamente, davanti a Dio è ancora valido. Francesco ha scritto che la continenza rimane l’ideale, sì, ma «in certi casi», e dopo «adeguato discernimento» con un padre spirituale, i nuovi sposi possono accostarsi alla comunione, che «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli ». Una decisione che ha incendiato i conservatori, che vi hanno visto il piano inclinato verso il relativismo. Quattro cardinali tradizionalisti hanno tartassato il Papa con una lista di dubbi (in latino ovviamente,dubia )cui Francesco non ha mai risposto. Ora Bergoglio ha cambiato strategia e ha colto l’occasione di nuovi dubia , inviati a Roma da un altro cardinale, l’arcivescovo emerito di Praga Dominik Duka, per fargli rispondere dal nuovo prefetto della Dottrina della fede, il teologo argentino Victor Manuel Fernandez. Il quale, in un documento controfirmato nei giorni scorsi da Francesco,ha chiarito, una volta per tutte, che
Amoris laetitia è «un documento del magistero pontificio ordinario, verso cui tutti sono chiamati ad offrire l’ossequio dell’intelligenza e della volontà». In questo modo il Papa ha ottenuto un triplice risultato: ha mostrato di non sottrarsi ai cardinali dubbiosi, ha chiarito che quando decide non esprime opinioni personali, ed ha sigillato il metodo del Sinodo: quello del passato e quello che apre oggi in piazza San Pietro.
Un’assemblea che parte surriscaldata. A poca distanza dal colonnato berniniano, ieri al teatro Ghione, i cardinali Raymond Burke e Robert Sarah hanno messo in scena una nuova ribellione al Papa. Burke, statunitense, era tra i “dubbiosi” del passato, e nelle ultime settimane è tornato ad esprimere dubbi sul Sinodo, «un vaso di Pandora». All’incontro di ieri, intitolato “La Babele sinodale”, non ha attaccato direttamente Francesco, ma il cardinal Fernandez. Ha respinto l’accusa di «eresia» e di «scisma», ha denunciato «i gravi errori che provengono dall’interno della Chiesa stessa», ha scaldato il pubblico di 160 sostenitori quando ha tuonato: «Le porte dell’inferno non prevarranno contro la Chiesa».
Toni infiammati. Diversi da quelli di Francesco, che nei giorni scorsi ha risposto ai cardinali dubbiosi con una punta di humour: «Con queste domande manifestate il vostro bisogno di partecipare, di esprimere liberamente il vostro parere e di collaborare, chiedendo una forma di “sinodalità” nell’esercizio del mio ministero ». Per i conservatori un affronto, per Bergoglio un complimento.