A guardare la Rai, i cui equilibri sono storicamente considerati la spia del quadro politico generale, il rapporto tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle ha più di un problema. Il tutto accade in Commissione di vigilanza, dove il M5S si distingue dal resto delle forze di minoranza e approva insieme alle destre il parere sul contratto di servizio 2023-2028.

Adolfo Urso saluta «il via libera a larga maggioranza con il voto favorevole di una parte significativa dell’opposizione». La scelta dei grillini risalta anche perché la maggioranza aveva deciso di mettere ai voti una propria proposta di parere, dopo che era naufragata la possibilità di redigere un testo congiunto tra il proprio relatore Maurizio Lupi e quello di minoranza, Antonio Nicita del Pd.

A differenza dei dem, Lupi ha sostenuto che la maggior parte degli emendamenti accolti sono dell’opposizione e che la maggioranza ha fatto evidenti passi indietro, proprio in un’ottica di mediazione. Posizione analoga a quella dei 5 Stelle, che hanno giustificato il loro voto rivendicando i risultati ottenuti in Commissione su lotta alla disinformazione e valorizzazione del giornalismo d’inchiesta. «Il nostro è stato un gesto di responsabilità a sostegno di trasmissioni come Report e Presa Diretta», è la spiegazione fornita dagli esponenti del M5S in Commissione.

Dal Pd smentiscono questa versione e sostengono che la maggioranza abbia rigettato la gran parte delle proposte delle opposizioni: «Il tema del giornalismo d’inchiesta stava già nella bozza dei relatori a luglio e non era più un tema di discussione – affermano – C’erano oltre 200 emendamenti che parlavano di disinformazione, orientamento sessuale, inclusione multiculturale e multietnica, molti anche dei 5 Stelle. Siamo colpiti. Non si era mai vista una forza politica votare con così tanta convinzione ed entusiasmo un atto che escludeva la maggior parte delle sue proposte. Nella dichiarazione finale di voto, dover difendere gli emendamenti dei grillini al posto loro».

L’atteggiamento morbido dei 5 Stelle non è una novità nel corso di questa legislatura: già in occasione delle nomine dei direttori di testata il loro rappresentante in consiglio di amministrazione di era astenuto. «Non accettiamo nessuna lezione dal Pd, la smettano con questi giochini – contrattaccano – Prendiamo invece atto che il Pd si ritrova insieme a Italia Viva in questa singolare protesta, senza dimenticare che nel 2015 l’allora segretario Matteo Renzi introdusse una riforma della governance Rai per occuparla ancora meglio, in modo più scientifico. Oggi, invece, il Pd protesta per qualche strapuntino perso? Almeno ci risparmiassero l’ipocrisia».

La tensione tra i due partiti, insomma, cresce invece di allentarsi. Tanto che il responsabile informazione del Nazareno Sandro Ruotolo non usa mezzi termini: «Dispiace che i 5 Stelle abbiano votato a favore di una Rai che, a reti unificate, vorrebbe propagandare le gesta del governo di destra. Ci opporremo a questo disegno».

Dure critiche al contratto arrivano anche da Alleanza Verdi Sinistra, che elenca tutte le questioni ignorate dalla maggioranza allargata al M5S: «Sono stati respinti gli emendamenti che chiedevano che la Rai condannasse i comportamenti omotransfobici, il razzismo e l’abilismo nei servizi di informazione. Inoltre, sono stati scartati gli emendamenti che avrebbero bandito le fake news dall’informazione del servizio pubblico, garantendo il primato del metodo scientifico e impedendo la diffusione di posizioni assolutamente antiscientifiche, che potrebbero disorientare l’opinione pubblica».