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Nick Fuentes ha rotto tutti i tabù sull’antisemitismo. Ora vuol fare il nuovo Kirk (ma più estremo), divide i Maga e guarda alle midterm
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Si ride e si scherza molto nel mondo di Nick Fuentes, quasi sempre su cose serissime. Si ironizza, si fanno battute con un tono leggero adatto ai social e al mondo del gaming, il brodo culturale nel quale sono cresciuti Nick, il suo milione di followers su X, il mezzo milione che lo segue sulla piattaforma Rumble e le centinaia di migliaia di persone che lo ascoltano in podcast o lo guardano su YouTube. E’ un modo per poter sempre dire, di fronte alle polemiche, che in fondo si tratta di scherzi, di una modalità da Generazione Z di affrontare temi che, secondo Nick e i suoi amici, vanno ripensati, raccontati in modo nuovo, sdrammatizzati. E allora capita di vedere i video in cui Nick si diverte a raccontare “come ci sono rimasti di sasso i miei genitori quando ho detto loro che secondo me Hitler era uno figo!” (e giù risate a crepapelle). E poi allegria e sarcasmo nel distorcere completamente la realtà della Shoah, buttando lì – sghignazzando – qualche teoria cospirativa, fino a prendersela apertamente con gli ebrei e con Israele.
Sono lontani i tempi in cui il razzismo americano aveva il volto di personaggi come il pastore neonazi Richard Butler, il fondatore della Nazione Ariana, o l’aspetto in apparenza rispettabile di William Joseph Simmons, il rifondatore del Ku Klux Klan. Non vanno più di moda neppure i suprematisti ariani alla David Duke, i neofascisti Proud Boys, né tantomeno l’America First dal volto presentabile di Pat Buchanan. Nell’èra digitale in cui è nata e si è evoluta la nuova destra americana trumpiana, poi diventata mainstream, le frange estreme e (finora) marginali rispetto al movimento Maga hanno un aspetto diverso. E’ un mondo che si esprime attraverso i meme di Internet, vive immerso nella bolla dei social, è popolato da gente cresciuta trascorrendo ore e ore nell’ecosistema del gaming. Lo stesso in cui si muove a proprio agio anche un personaggio come Elon Musk, che non a caso ha riammesso su X Fuentes dopo che era stato bandito ai tempi di Twitter. E’ il terreno d’azione di una generazione che ha sviluppato l’abitudine di scherzare con il fuoco con toni che un tempo si sarebbero definiti goliardici, mascherando sotto l’apparente leggerezza un tratto comune e preoccupante: un razzismo e un antisemitismo che grazie al web stanno raggiungendo livelli di condivisione mai visti prima negli Stati Uniti.
Il simbolo e il testimonial di questo sottobosco che sta crescendo e diventando foresta è lui, Nick Fuentes, ventisette anni, faccia da bravo ragazzo in giacca e cravatta, cattolico cresciuto nei sobborghi bianchi di Chicago, in zone lontane e in anni ben diversi da quelli che hanno formato nella stessa metropoli personaggi come Barack Obama o cattolici figli di immigrati come Robert Prevost, papa Leone XIV. La sua America First Foundation, i video e le manifestazioni dove si presenta imbracciando un crocifisso e promuovendo il suo “movimento cristiano” erano stati considerati fino a oggi fuori dal perimetro del discorso politico americano, sia negli anni della prima presidenza Trump che durante la campagna che lo ha riportato alla Casa Bianca. Fuentes e i suoi erano materiale radioattivo per il mondo Maga, gente troppo estrema per poterla coinvolgere. Di provocazioni anche forti i trumpiani ne hanno fatte tante in questi anni, specialmente quando si trattava di dar battaglia alla cultura woke e anche di sfidare il pensiero dominante in tema di razza, etnia, immigrazione, genere e consuetudini sessuali. Ma aprire la porta a chi nega l’Olocausto era rimasta una linea rossa da non superare.
A passare il guado e sdoganare Fuentes è stato nelle scorse settimane Tucker Carlson, privo di freni inibitori culturali fin dai tempi del famigerato viaggio a Mosca per intervistare (e lodare) Vladimir Putin. Carlson, con il suo seguitissimo show autogestito, è una potenza mediatica ed è alla ricerca di un ruolo politico negli anni post-Trump che verranno. Ama provocare e stupire, e stavolta ha creato un cortocircuito nel mondo Maga che potrebbe avere conseguenze di lungo termine. In due ore di intervista che hanno fatto il giro del web, Carlson ha dato a Fuentes la possibilità di raccontarsi come mai era avvenuto prima. Lo ha legittimato, ha ascoltato senza prenderne le distanze le teorie del nazionalismo bianco di cui il giovane ex ragazzo
dei sobborghi di Chicago è il paladino, e così facendo ha scatenato un putiferio. Una vera e propria guerra civile che ora divide le armate trumpiane, spaccandole in un momento in cui sono anche alle prese con un incrocio di fenomeni nuovi. Prima c’è stata l’uccisione di Charlie Kirk, che ha innescato una corsa tra chi – Fuentes tra questi – ambisce a ereditarne il potere carismatico soprattutto tra i più giovani. Poi c’è stato il martedì elettorale nel quale i democratici hanno lanciato su scala nazionale il volto del sindaco socialista di New York Zohran Mamdani e in altre parti del paese gli elettori hanno mandato pessimi segnali a Trump. Quindi è stata la volta del ritorno del caso di Jeffrey Epstein, che vede vari esponenti di punta del mondo Maga contrapporsi alla Casa Bianca e alcuni paladini del movimento, come la deputata della Georgia Marjorie Taylor Greene, entrare direttamente in rotta di collisione con il presidente.
L’intervista a Fuentes ha rivelato tutti i malumori e le spaccature che esistono nel mondo conservatore, che solo un anno fa si era coalizzato per riportare Donald Trump nello Studio Ovale. La conseguenza più vistosa è stata la rivolta che è nata all’interno della Heritage Foundation, il pensatoio dei Maga, dopo che il presidente Kevin Roberts ha preso le difese di Carlson, motivando le proprie dichiarazioni con la volontà di difenderne la libertà di espressione. Una mossa che non è piaciuta a molti intellettuali conservatori e che ha provocato dimissioni a raffica alla Heritage e richieste a Roberts di farsi da parte.
Il ventisettenne Fuentes ha osservato il terremoto gongolando, ridendo molto per ciò che sta avvenendo e rafforzando i consensi per la sua America First Foundation. “Noi vogliamo distruzione, vogliamo il caos, vogliamo gli scontri interni al mondo conservatore”, aveva detto a settembre nel suo podcast. Il Tucker Carlson Show gli ha permesso di realizzare il progetto e ora contro di lui si sono lanciate con veemenza voci e firme importanti del mondo conservatore, come Ben Shapiro e Dinesh D’Souza, mentre lo scrittore Rod Dreher, molto vicino al vicepresidente J.D. Vance, ha lanciato un allarme carico di preoccupazione: “Il 30 o 40 per cento degli attivisti conservatori della Generazione Z, tutti giovani che lavorano a Washington in ruoli importanti in Congresso o negli uffici federali, sono ormai seguaci di Fuentes e ne seguono le orme”. Il tradizionale mondo Maga – è l’analisi di Dreher – rischia di venir sfidato e sgretolato dall’avanzata dei Groypers. Cioè dei seguaci del nazionalismo bianco di Fuentes, una sottocultura erede del movimento un tempo chiamato “alt-right”, che prende il nome da una rana deforme nata sulla rete sotto forma di meme, a sua volta evoluzione di un altro meme, Pepe the Frog, figura ranesca antropomorfa nata una ventina di anni fa nel mondo dei cartoon digitali.
I Groypers e il loro leader sono una tra le tante derive culturali nate negli Stati Uniti negli anni della presidenza di Barack Obama, prosperate durante la prima presidenza Trump e poi decollate come luoghi di opposizione all’amministrazione di Joe Biden e al mondo woke progressista.
Nell’intervista a Carlson, Fuentes ha raccontato di aver cominciato la propria carriera da attivista nel 2016 mentre era una matricola alla Boston University e faceva campagna per Trump. Diventato rapidamente un personaggio per le sue provocazioni e i dibattiti ingaggiati contro gli studenti progressisti che dominavano il campus, Fuentes in breve tempo ha fatto una scelta analoga a quella che pochi anni prima aveva fatto Kirk: ha lasciato perdere gli studi per dedicarsi a tempo pieno all’attivismo politico. Ma ciò che ha da subito caratterizzato il nascente movimento dei Groypers, separandolo dal resto dell’universo Maga, è stato il profondo antisemitismo che lo contraddistingue.
Fuentes nei suoi tweet o nei video su Rumble non esita certo a prendersela con i neri, con le minoranze, con la comunità lgbtq. Ma il suo vero obiettivo sono gli ebrei. E’ una battaglia che, a suo dire, è cominciata “quando ho iniziato a chiedere a tutti di spiegarmi le ragioni per cui gli Stati Uniti, con qualsiasi governo, sono così impegnati a finanziare e aiutare Israele. Io voglio un paese America First, ma qui siamo pieni di gente che è Israele First e questo non è accettabile. Non sono Maga, sono Miga, Make Israel Great Again”.
E’ un approccio che lo ha messo subito in rotta di collisione con Shapiro e con il mondo di Daily Wire, una delle palestre del mondo Maga in cui sono cresciuti molti di coloro che si riconoscono nella linea di Charlie Kirk e che oggi vorrebbero diventarne i successori: oltre a Shapiro, si tratta di personaggi giovani e con un certo peso tra i trumpiani come Candace Owens, Jack Posobiec, Matt Walsh e Michael Knowles. Tutti presi di mira e attaccati da Fuentes, al quale hanno risposto creando un cordone sanitario intorno ai Groypers che finora li aveva tenuti fuori dal mainstream della destra.
Il quarantunenne Shapiro, ebreo e filoisraeliano, è la vera bestia nera di Fuentes (che in passato ha attaccato molto anche lo stesso Kirk) ed è a partire dagli attacchi contro di lui che il giovane estremista bianco ha sviluppato una retorica sempre più virulenta contro tutti gli ebrei, accompagnandola con deliranti teorie sulla supremazia cristiana e sulla necessità di “ripulire l’America dalle lobby ebraiche”. Il tutto raccontato ridendo e scherzando, usando meme e crocifissi e nascondendosi dietro il consueto richiamo alla libertà di espressione.
America First Foundation è ora un’organizzazione ben strutturata e anche ben finanziata, grazie al sostegno da parte di personaggi come il rapper antisemita e neonazi Kanye West, di cui Fuentes ha promosso e accolto come una sorta di inno del suo movimento il recente brano “Nigga Heil Hitler”. L’obiettivo adesso è entrare con forza nella campagna elettorale del 2026 per le elezioni di midterm, osteggiando o appoggiando candidati repubblicani per cercare di portare in Congresso personaggi con idee affini a quelle dei Groypers.
Tucker Carlson ha permesso a Fuentes di entrare nel dibattito che conta, rompendo il cordone sanitario creato intorno a lui. Secondo Rod Dreher, l’unico esponente Maga che nei prossimi anni avrà la possibilità di frenare l’ascesa dei Groypers tra le giovani generazioni e raccogliere l’eredità di Kirk sarebbe J.D. Vance, che per ora osserva con un certo distacco la guerra civile conservatrice.
Ma il vero interrogativo è che cosa farà Trump. Con Fuentes il presidente ha avuto finora sempre un atteggiamento ambiguo. Nel 2022 lo ha ospitato insieme a Kanye West a cena a Mar-a-Lago, in un momento in cui Trump era ai minimi della popolarità e stava cominciando a ricostruire la sua carriera politica. Non ne era nato in apparenza alcun legame particolare e Fuentes era stato tenuto lontano dalla campagna elettorale e poi dalla Casa Bianca, a differenza di Kirk o Shapiro. Di fronte alle polemiche delle ultime settimane dopo l’intervista con Carlson, Trump non ha preso posizione tra i vari schieramenti, ma ha difeso l’intervistatore: “Non gli si può dire cosa fare o chi intervistare”, ha detto. “Se vuole intervistare Nick Fuentes, di cui non so molto, lasciateglielo fare e tocca poi alla gente decidere se guardarlo o no”. Fuentes ha pubblicato subito su X le parole di Trump, ringraziandolo e festeggiando. E ha ricominciato a ironizzare sulla Shoah e a celebrare Hitler.
Unsottobosconatosuisocialcheora stadiventandounaforesta.Ilsimboloè lui, 27 anni, cattolico cresciuto nei sobborghi bianchi di Chicago
Fuentes e i suoi “Groypers” erano materiale radioattivo per i Maga.
Aprire la porta a chi nega l’Olocausto era una linea rossa da non superare
Tucker Carlson in due ore di intervista ha dato a Fuentes la possibilitàdiraccontarsi.Ehacreatoun cortocircuito nella destra americana
Il suo vero obiettivo sono gli ebrei: “Io voglio un paese America first, ma qui siamo pieni di gente che è Israele first. Non sono Maga, sono Miga”





