DUBAI — Il principe e la ministra in bicicletta. I due volti emblematici di queste ultime e tesissime ore di Cop28 sono quelli di Abdulaziz bin Salman e Teresa Ribera Rodriguez.
Da una parte, il “signore del petrolio”, ministro dell’Energia dell’Arabia Saudita, figlio del re Salman, nonché fratellastro del principe ereditario Mohammed bin Salman. Dall’altra la vicepremier socialista e ministra di Madrid, che qui a Dubai, in virtù del semestre europeo a guida spagnola, ha preso la leadership della delegazione Ue e del partito del phase out, dell’addio al petrolio.
Volendo semplificare, sono bin Salman e Ribera i protagonisti del braccio di ferro sui combustibili fossili che ha portato ai tempi supplementari questa 28esima edizione ospitata a Dubai.
Diversi in tutto. L’unica cosa che li accomuna è la grande preparazione. Il principe, 63 anni, si è laureato alla King Fahd University, specializzata in petrolio e minerali, e ha insegnato nello stesso ateneo. Poi, nel 1987, l’inizio della scalata politica, con la nomina a consulente del ministro del Petrolio. Quindi viceministro dal 1995 al 2017, quando è stato scelto come ministro degli Affari energetici. Due anni dopo il suo incarico cambia, ma è solo questione di dettagli: ministro dell’Energia. È in questa veste che ha presidiato negli ultimi giorni la Cop28, per ribadire, anche solo con la presenza fisica, la ferma opposizione di Riad all’uscita dai combustibili fossili.
Sul fronte opposto Teresa Ribera Rodriguez, giurista, una carriera da alta funzionaria nella pubblica amministrazione spagnola, diversi incarichi presso l’Onu nel campo dello sviluppo sostenibile e dei cambiamenti climatici. Nel 2018 il premier spagnolo Pedro Sanchez la sceglie per il ministero della Transizione ecologica. Due anni dopo diventa anche uno dei quattro vice del primo ministro. Nel suo tentativo di rendere green la Spagna, dichiara guerra al carbone, chiude le miniere nelNord del Paese e stanzia 250 milioni di euro per sostenere i lavoratori del comparto costretti alla riconversione. Nel luglio scorso si presenta in bici a una conferenza sul clima a Valladolid, ma pochi metri dietro di lei ci sono le due auto della scorta. Il fatto che fossero elettriche non le risparmia critiche e ironie.
Prima di Cop28 ci si chiedeva che ruolo avrebbe giocato la Ue, orfanadell’istrionico Frans Timmermans, tornato alla politica olandese. Gli occhi erano puntati sul connazionale Wopke Hoekstra, nominato a inizio ottobre Inviato speciale Ue per il clima, ma Ribera gli ha rubato la scena. A colpi di dichiarazioni e relazioni politiche. È stata lei a lapidare come «disgustosa» la lettera con cui l’Opec ha cercato di serrare i ranghi dei Paesi produttori di petrolio. Edera lei a sedere alla destra del Segretario generale Onu Guterres, nell’incontro che ieri ha avviato l’ultima giornata di trattative.
Non risulta che Ribera e Salman bin Abdulaziz si siano incontrati nel corso di questa Cop. Si trova traccia di un solo meeting, per di più virtuale, avvenuto il 29 ottobre dell’anno scorso. Ecco il resoconto, secondo la ricostruzione dei media arabi: «Idue ministri hanno sottolineato l’importanza di sostenere la stabilità dei mercati energetici globali incoraggiando il dialogo e la collaborazione tra paesi produttori e consumatori».
Non sembra credibile che sia andata davvero così, alle luce di quanto sta succedendo qui a Dubai. Ieri sera la vicepremier spagnola e Hoekstra hanno consegnato, a nome di una coalizione di circa 130 Paesi, un documento in cui si chiede al presidente di Cop28 Sultan Al Jaber di reinserire nel testo finale un riferimento esplicito al phase out dei combustibili fossili.
Poco prima il principe del petrolio Abdulaziz bin Salman aveva usato nuovamente l’Opec come strumento di pressione proprio sull’emiratino Al Jaber e sulla delegazione Ue. Era volato a Doha, in Qatar, per presenziare a una conferenza dell’Organizzazione, nel corso della quale il kuwaitiano Saad al-Barra ha definito il comportamento dell’Unione europea a Cop28 un «attacco aggressivo», con il quale l’Occidente tenta di «dominare l’economia globale attraverso le rinnovabili».
Tra Teresa e Abdulaziz, chi vincerà il match? Difficile capirlo nella notte di Dubai. Per ora, ai punti, è in vantaggio lei, la pasionaria del clima, che ha messo insieme una coalizione fatta da decine di nazioni, non solo ricche e occidentali, per spingere il phase out. Sul ring del clima, invece, i sauditi e i Paesi del Golfo appaiono all’angolo, sempre più isolati. Ma non è detto che arrivi a Cop28 il colpo del ko.