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31 Gennaio 2025
Inviato a Venezia
Un nuovo piano strategico sul quale incombe un enorme punto di domanda. Cosa sarà dell’assetto di Generali, il cui cda scade con l’assemblea dell’8 maggio, se avrà successo l’offerta pubblica di scambio del Monte dei Paschi su Mediobanca? È il nuovo risiko della finanza italiana il convitato di pietra dello strategy day di Generali alle Procuratie Vecchie di Venezia, sede storica di Piazza San Marco in cui la compagnia del Leone ha una sede fin dal 1832.
Le quote dei soci tra i protagonisti di questa partita centrale per il sistema bancario-assicurativo italiano si intrecciano al punto che ciò che è chiaro e vero oggi potrebbe non esserlo domani. La stessa alleanza di Generali con i francesi di Natixis, che punta alla creazione di un colosso del risparmio gestito da 1.900 miliardi di asset in gestione fortemente voluto dal ceo del Leone Philippe Donnet, non può essere data per scontata. E non tanto per l’iter autorizzativo con l’incognita del golden power in mano al governo, quanto appunto per la partita sugli assetti di Generali e il possibile ribaltone che si prefigura nel caso di riuscita dell’ops del Monte su Mediobanca.
L’accordo con Natixis è «un’opportunità unica e trasformativa» per Generali, ha sottolineato ieri Donnet, glissando invece su come la stessa intesa con Natixis possa essere influenzata dal dossier Mediobanca. E alla domanda sulle eventuali spaccature che potrebbero evidenziarsi nell’assemblea di maggio, Donnet ha risposto: «Siamo molto ben allenati perché abbiamo lavorato molto con la squadra per preparare
questo piano, ma soprattutto perché abbiamo realizzato con successo i piani precedenti». Le forti critiche all’intesa con Natixis emerse dal gruppo Caltagirone e da Delfin, che possiedono rispettivamente il 6,9 e il 9,9% di Generali, sono emerse nei giorni appena precedenti l’ops di Mps su Mediobanca. E in Mps proprio Caltagirone e Delfin (la cassaforte degli eredi di Leonardo Del Vecchio) detengono il 7,8 e il 19,8%. Mediobanca è primo azionista di Generali col 13,1% delle quote: acquisendo il “salotto buono della finanza”, ovvero proprio Mediobanca, il controllo del Monte si estenderebbe alle Generali, mutando i pesi dei soci attuali della compagnia del Leone. È il nuovo risiko della finanza italiana. E l’assemblea di maggio, dove Mediobanca da una parte e Caltagirone-Delfin dall’altra si daranno battaglia in un clima surriscaldato, sarà parte importante di questa sfida.
Dalla riunione del cda di Generali di mercoledì sono arrivate novità anche sul fronte del rinnovo del board: il cda ha deciso di «non procedere alla presentazione di una lista per il rinnovo dell’organo di gestione della compagnia». La maggioranza dei consiglieri in carica, tra cui il presidente Andrea Sironi e il ceo Donnet, ha espresso la propria «disponibilità a considerare una eventuale candidatura». Per Donnet, in carica da nove anni, quello presentato ieri a Venezia appare a tutti gli effetti come una sorta di piano “elettorale”. Il piano strategico varato dal cda stanzia 1,5 miliardi di euro in tre anni sulle acquisizioni: «Avremo un forte disciplina. Dopo l’acquisizione di Mgg e considerando Natixis, il nostro focus sarà sull’integrazione e sull’implementazione del piano», ha precisato Donnet, spiegando che Generali «ha raggiunto e superato con successo gli obiettivi finanziari del nostro piano Lifetime Partner 24: Driving Growth pur in un complesso contesto a livello globale». Ora Generali, nell’arco del piano 2025-2027, intende ulteriormente «accelerare» con l’obiettivo di «un’ulteriore crescita degli utili e della generazione di cassa, puntando alla crescita a doppia cifra del dividendo per azione che porti, nell’arco del piano, a oltre 7 miliardi di euro in dividendi cumu-lativi, cui si aggiunge l’impegno a realizzare almeno 1,5 miliardi di euro nel riacquisto di azioni proprie, compreso il piano di buyback da 500 milioni di euro che abbiamo presentato oggi e che avvieremo nel corso del 2025». L’aumento dei dividendi previsti corrisponde a circa il 30% in più rispetto ai 5,5 miliardi distribuiti durante il piano precedente. Donnet ha evidenziato ieri che l’accordo con Natixis creerebbe «una piattaforma globale di asset management con posizioni di leadership e scala rilevante sia in Europa che in Nord America». Perché unirsi? Logica industriale, economie di scala: costi più ridotti, sinergie, miglioramento dei rendimenti e delle opportunità di investimento per i clienti, oltre ad una maggiore capacità di attrarre masse da gestire da altri investitori. Essere grossi sul mercato ha l un peso da poter far valere. Nel piano strategico sono previsti investimenti in intelligenza artificiale, «nuove tecnologie e nella formazione delle nostre persone», ha proseguito Donnet. Le domande, però, tornano sulla partita relativa ai futuri assetti del Leone: «Quasi tutte le società sono contendibili, ma la contendibilità non impedisce all’azienda di fare il suo lavoro – ha rivendicato Donnet –. Questa società è più forte che mai. La capacità di proteggere i nostri clienti non è in discussione. Siamo capaci di navigare in ogni scenario avverso e questo team è in grado di realizzare il piano ancora una volta».