I falsari
17 Gennaio 2024Afghanistan Cento giorni dopo
17 Gennaio 2024Il rapporto 2024
Arresti, abusi, torture, esclusione dal lavoro, addirittura morte. Un cristiano su sette nel mondo – addirittura uno su cinque in Africa e due su cinque in Asia – è vittima di gravi forme di persecuzione. Un totale di 365 milioni persone in oltre 70 Paesi. Il record negli ultimi trentun anni. Insieme alla quantità, aumenta la velocità con cui le discriminazioni si estendono nel tempo. E nello spazio: le nazioni al alto rischio sono passate da undici a tredici. L’allerta è contenuta nel nuovo rapporto di PorteAperte/OpenDoors che analizza il periodo tra il primo ottobre 2022 e il 30 settembre scorso. Al primo posto della tragica lista degli Stati più pericolosi per le Chiese c’è ancora la Corea del Nord, in cima alla classifica dal 2002, salvo nel 2022. Il regime di Kim Jong-un pratica una politica di tolleranza zero nei confronti delle religioni. A Pyongyang è, dunque, di fatto impossibile per i cristiani vivere in qualunque forma la propria fede. Seguono due Stati africani – Somalia e Libia – flagellati da un’instabilità endemica e dalla presenza di gruppi estremisti di matrice islamista che approfittano del caos per agire indisturbati. I non musulmani sono costretti a nascondere il proprio credo: se scoperti rischiano la morte. Nelle carceri libiche, inoltre, son rinchiusi migliaia di migranti, molti sono cristiani, presi di mira anche a causa del proprio credo. Non va molto meglio in Eritrea, in quarta posizione o in Yemen, in quinta, dove il conflitto prolungato ha reso ancor più precaria la condizione dei battezzati. La Nigeria, al sesto posto, con 4.118 assassinati e oltre 3.900 rapiti, resta il luogo più letale e più violento per i cristiani
mentre il Pakistan, al settimo, si conferma il secondo. L’Iran è sceso al nono, non, però, a causa di cambiamenti positivi all’interno bensì per il peggioramento dello scenario degli Stati che lo precedono. A Teheran e dintorni, i non islamici sono costretti a incontrarsi a piccoli gruppi nelle case dato che gli edifici di culto sono percepiti come una minaccia per l’egemonia degli Ayatollah. Un lievissimo miglioramento si registra invece in Afghanistan. Anche in questo caso le cause sono complesse. I primi due anni dell’Emirato taleban sono stati caratterizzati dalla fuga dei cristiani. Chi è rimasto è stato ucciso o si è convertito all’islam. Per questo, gli studenti coranici hanno dato per “debellato” il pericolo rappresentato dagli “infedeli”. Negli ultimi mesi, dunque, hanno allentato la morsa per concentrarsi sul consolidamento del regime. Nel Sudan vittima della guerra esplosa ad aprile, invece, la vita dei cristiani è diventata ancora più difficile e il Paese è salito di due posizioni, arrivando all’ottava. Lo scenario sudanese sintetizza un fenomeno che riguarda l’intera regione. «La crescente instabilità politica in Africa subsahariana – sottolinea Cristian Nani, direttore di PorteAperte/ OpenDoors – fa aumentare la violenza su base religiosa». Chiudono la “top tredici”, India – dove le vessazioni sono opera soprattutto degli estremisti induisti sostenuti di fatto dall’attuale governo di Narendra Modi –, la Siria in conflitto latente e l’Arabia Saudita. A livello generale sono calati lievemente gli omicidi a causa della fede. Nel 2023 sono stati 4.998, più di seicento in meno rispetto al periodo precedente. A crescere esponenzialmente, invece, sono stati gli assalti, le chiusure e le confische di chiese e proprietà ecclesiali pubbliche, inclusi scuole e ospedali: si parla di quasi 15mila. Sono addirittura quadruplicati gli attacchi alle attività economiche dei battezzati: oltre 27mila. Una strategia quest’ultima che punta a privare la comunità della possibilità si sostenersi, costringendola spesso alla fuga. Il rapporto parla di “Chiesa profuga”, un fenomeno in costante incremento come le pressioni quotidiane. Una forma di persecuzione meno evidente della violenza ma ugualmente feroce che si esprime in impedimenti di accedere a determinati impieghi, la negazione di cure o dell’istruzione, minacce.
Un caso peculiare è quello nicaraguense. La campagna d’odio di Daniel Ortega ha fatto schizzare il Paese di venti posizioni in avanti, passando dalla 50esima alla 30esima. Vescovi, preti, religiose e religiose sono arrestati o espulsi. Il pastore di Metagalpa, Rolando Álvarez, è stato recluso per 528 giorni prima di essere esiliato a Roma domenica. PorteAperte-OpenDoors non rinuncia a trovare qualche barlume di speranza. In Mali, ad esempio, a giugno, è stata approvata una nuova Costituzione che riconosce la libertà di fede. E in Sri Lanka gli attivisti segnalano progressi nella formazione dei leader cristiani per difendere i propri diritti.