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Le dimensioni contano. In Italia ci sono due banche molto più grandi delle altre: Intesa Sanpaolo e UniCredit. Nel 2024 hanno chiuso con utili record (circa 8,7 miliardi Intesa e 9,7 miliardi UniCredit) e oggi valgono in Borsa attorno ai 100 miliardi ciascuna. Hanno decine di migliaia di dipendenti, una base di depositi enorme e una presenza europea che porta ricavi fuori dai confini italiani.
Il confronto con chi vorrebbe fare il “terzo polo” è netto. Sommando alcuni dei nomi più citati — Mps, Mediobanca, Banco Bpm, Bper e Popolare di Sondrio — non si arriva alla taglia dei primi due. Anche i profitti messi insieme restano molto più bassi. Questo vuol dire due cose: 1) la concorrenza a Intesa e UniCredit aumenterebbe, ma 2) non si creerebbe un gigante con la stessa forza finanziaria e la stessa rete internazionale.
C’è poi un punto spesso ignorato: un “terzo polo” in Italia già opera, ma è francese. Crédit Agricole è integrato sul mercato italiano, fa banca commerciale, gestisce risparmio e ha già una presenza azionaria di peso in Banco Bpm. Non è italiano, ma di fatto gioca quel ruolo.
Il dossier caldo è l’Ops di Mps su Mediobanca. L’offerta in azioni ha raccolto finora adesioni importanti e punta almeno alla soglia del 35% per essere valida. Il mercato però guarda a un obiettivo più ambizioso: superare il 50% per il controllo del consiglio, o addirittura due terzi per aprire la strada a una fusione. Per convincere gli indecisi, non è esclusa l’aggiunta di una quota in contanti, come già visto in altre operazioni recenti. In quel caso, i tempi potrebbero allungarsi di qualche giorno oltre l’8 settembre.
Intorno a Mediobanca si è consumata anche la sconfitta del piano di difesa: l’acquisto di Banca Generali non è passato in assemblea. Questo ha tolto un argine al progetto Mps, ma il percorso non è scontato: pesano le condizioni dei regolatori, gli equilibri tra grandi azionisti e l’andamento delle adesioni fino a chiusura dell’offerta.
Intanto il consolidamento continua altrove. Bper ha chiuso con successo l’operazione su Popolare di Sondrio e si prepara a mettere mano alla governance. Sono mosse che ridisegnano la mappa del credito, ma restano un passo sotto, per scala, rispetto ai due leader.
In sintesi: anche se Mps riuscisse a prendersi Mediobanca, nascerebbe un polo forte su consulenza, gestione del risparmio e banca d’affari, ma senza la stazza europea di Intesa e UniCredit. Un “poletto” competitivo sulle Pmi e sul risparmio, non un colosso.
Il motivo è semplice: Intesa e UniCredit hanno costruito nel tempo una dimensione internazionale, con capitali, depositi e ricavi distribuiti su diversi Paesi. Chi cerca oggi di assemblare un terzo polo parte invece da realtà medio-grandi, radicate soprattutto in Italia, con un peso molto inferiore e senza la stessa capacità di competere sui mercati globali. Per questo, al di là delle operazioni in corso, parlare di un “terzo polo” italiano è più un’illusione che un progetto concreto.