JAZZ ITALIA
La scommessa
vincente

A dispetto di un mercato sempre più asfittico, molte piccole etichette discografiche fanno la stessa scommessa che, nel parallelo mercato librario, fanno i piccoli editori: un prodotto curato, creativo, meditato che possa avere la sua nicchia di pubblico attento, non meri consumatori. Un’etichetta così è la Barly Records, di cui presentiamo tre lavori. Il primo, strepitoso, Music for Dance, ad opera del trio formato da Tobia Bondesan, sax contralto, Michele Bondesan, basso, Giuseppe Sardina, batteria. Musica tesa, spigolosa e luminosa assieme, sorprendente, il contralto col riferimento di Berne, Threadgill e altri maestri, un vertice nella «soffiata» Semazen. In quartetto Alien Flowers di Giampiero Spina, chitarra e live electronics, con eccellente ritmica e vibrafono: l’incastro morbido, soffuso tra le timbriche della sei corde e quella del vibrafono garantiscono un cool jazz inventivo e di classe. Formazione allargata a undici per far volare il jazz orchestrale, arioso e funk, alla Bob Mintzer, di Blond Rascal, firmato dal bassista, tastierista, compositore e arrangiatore Danilo Visco. (Guido Festinese)

ALT POP
Ritorno
al Brit rock

Amanti delle sonorità British, drizzate le orecchie. È arrivato, ben preannunciato peraltro, il disco che aspettavate. Parliamo dell’album, omonimo, di Liam Gallagher & John Squire, pubblicato ieri dalla Warner. La collaborazione tra l’ex voce degli Oasis e il chitarrista degli Stone Roses ha dato alla luce un disco che ci riporta al più classico rock di stampo Brit, con – ça va sans dire – i Beatles nel cuore e nell’anima. Dieci brani che si fanno ascoltare con estremo piacere, scritti da Squire e cantati splendidamente da Gallagher, per tornare all’essenza del rock venato di pop e psichedelia. E a proposito di pop rock psichedelico, non male il terzo lavoro dei Mooon (con tre o) e intitolato, per l’appunto, III (Soundflat). Un vero tuffo carpiato all’indietro per il trio che ribadisce la buona vena della olandese in fatto di riscoperte garage psych. Citazione infine per Boy of Work (earMusic/Sony), nuovo lavoro, a distanza di una ventina di anni, del quasi ottantenne Albert Hammond (padre di quell’Albert Hammond Jr., chitarrista degli Strokes). Tra alt country, americana, spruzzatine psych pop e una voce arrochita dall’età. (Roberto Peciola)

AMBIENT
L’antica
regola

Una regola antica afferma che il buon gusto, scevro da ogni retorica, genera benessere. È il caso di Laurent Petitgand + Scanner + Geins’t Naït con Et il y’avait (Mind Travels). Il geniale britannico è qui ospite del combo francese con il quale si integra a meraviglia. Evitando di soffermarci sulle carriere di ognuno, è bene chiarire che siamo davanti a dieci brani che rifuggono il consueto lungo minutaggio del mondo ambient e impro. Ogni tema ha capacità narrativa e include stralci punk e dark. Volume alto per Italia Scan LP2Idiot LP1 e Larsen ScanRoger Ballen, Massimo Pupillo, Gabriele Tinti sono assieme in Fragments (Unsounds), un bel lavoro incentrato sulla multimedialità: la voce e le immagini del primo, i suoni del secondo e le parole del terzo si fondono in tre incisioni di circa 60 minuti. Oscuro, riflessivo e poetico. Per voi Cor pro cordePoint of Memory con Void Pusher (Misanthropic Agenda) dalla Pennsylvania, propone un coraggioso tentativo di umanizzazione delle composizioni digitali. Sperimentazione e drone music. (Gianluca Diana)

JAZZ ITALIA/2
Camerismo
diffuso

L’etichetta Notami di Civitanova Marche si presenta con tre cd assimilabili al jazz di ricerca. Il duo Fattori Sebastiani in Garagai si affida all’alternanza fra standard celebratissimi (Mingus, Davis, Hall) e su cinque temi di composizioni istantanee sulla falsariga del free, accogliendo persino risvolti filosofici (la parola del titolo rimanda a Quine). DMD Trio con Live al Vapore Jazz Club propone invece un sound meno periglioso, benché efficacissimo grazie all’insolito strumento, il malletkat (un mini vibrafono) di Daniele Di Gregorio, accompagnato da Giacomo Dominici e Massimo Manzi e ospite Massimo Morganti, a mostrare la vitalità del modern mainstream, ancora efficace quando ben pensato e suonato. Infine Walter Gaeta in Vibrazioni misteriose offre un lavoro classico: le partiture dotte di Corea e Gershwin e le due proprie fanno risaltare l’efficacia del Quartetto di Saxofoni Guernica in una scrittura contemporanea fascinosa. Un diffuso camerismo fa da legante a questi tre lavori, con l’idea di una sperimentazione in dialettica a una solida comunicativa. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

TRIBUTI
Libertà
prog fusion

JAUME DE VIALA
CALIDOSCOPI EMBRUIXAT (Proggnosis)

**** In Spagna, finita la dittatura franchista, emergono nuove band tra prog e fusion: a ricordarlo è il chitarrista leader degli allora Celobert Màgic dei quali riprende 11 brani composti tra il 1978 e il 1979, aggiornandoli grazie alle collaborazioni di jazzisti internazionali quali Carles Benavent, Jordi Bonell, Max Sunyer. Ne fuoriesce un album «senza tempo», che fa comunque rivivere l’originalità di un sound al contempo melodico ed effervescente in grado di accogliere e rielaborare anche il folk locale (catalano, in questo caso). (guido michelone)

 

BOX SET
Un periodo
smagliante

PAAL NILSSEN-LOVE & KEN VANDERMARK
JAPAN 2019 (PNL Records/Audiographic Records)

**** Meglio abbondare che rischiare di tralasciare qualcosa. Probabilmente seguendo questa logica, i due fenomenali musicisti hanno racchiuso in un cofanetto di sette dischi il loro tour nipponico del 2019. Un’operazione ardita e destinata a un pubblico di nicchia, considerato che il tutto viene stampato in cinquecento copie. Oltre ogni oltranzismo, quel che resta è l’archiviazione di un periodo smagliante del duo, che si fa apprezzare sia nella formazione classica che in quella allargata ad artisti giapponesi (i pianisti Yuji Takahashi e Masahiko Satoh). (gianluca diana)

 

SOUL
Viaggio al centro
della sensualità

SERPENTWITHFEET
GRIP (Secretly Canadian/Goodfellas)

**** Terzo atto di un progetto queer curato da Josiah Wise sotto lo pseudonimo serpentwithfeet. Dopo la redenzione di Soil e il romanticismo di Deacon, ecco che Grip si avventura nei club gay neri, dove lo stesso artista di matrice gospel si è formato artisticamente e umanamente. Ne escono dieci pezzi di sofisticata fattura, melange di soul, r&b e trap, un viaggio al centro della sensualità dove a farla da padrone è la voce declinata in più modalità: falsetto, piena e introspettiva. Grip sarà anche la colonna sonora di Heart of Brick, la prima produzione teatrale di serpentwithfeet. (stefano crippa)

 

POST PUNK
Missione
belga

WHISPERING SONS
THE GREAT CALM (Pias/Self)

**** Li ricordiamo tre anni fa con un album, Several Others, che ci aveva colpito per vari fattori, non ultimo la voce androgina della cantante Fenne Kuppens. Li ritroviamo oggi con una formazione rimescolata ma le cui basi sonore restano nelle mani del chitarrista Sander Hermans e che rimandano al post punk e alla dark wave. Che ci sia però un passo avanti rispetto al pur notevole precedente lo si evince già dall’apertura, Standstill, che lascia intuire una messa a fuoco del suono e dello stile, ma anche un upgrade compositivo, cosa confermata con il prosieguo dei brani. (roberto peciola)

 

POST PUNK/2
Il coraggio
della follia

YARD ACT
WHERE’S MY UTOPIA? (Island)

**** Con il debutto di un paio di anni fa, per cui hanno ricevuto cori unanimi di apprezzamento e per il quale sono stati catapultati nello star system (ospiti anche di Jimmy Fallon), sembravano dover entrare nel grande giro post punk attuale. E invece gli Yard Act stravolgono le previsioni e danno alle stampe un disco che di post punk ha poco, mentre ha molto di vari altri «motivi»: funk, dance, pop, rock, spoken word e… hip hop! Audacia e una sana dose di follia vanno a braccetto. Forse un po’ troppo eterogeneo ma di sicuro tra le cose più originali e varie ascoltate ultimamente. (roberto peciola)

 

LUCA GIUOCO
TESSITORE DI CENERE (Ma.So.)
**** Ci sono dischi belli e terribili, che non si propongono di dare consolazione, ma innescano il meccanismo millenario della catarsi, aiutandoci ad andare avanti senza rinunciare alla memoria. Come questa inquietante, profonda pagina scritta dal polistrumentista Giuoco, il contrario dell’effimera apparenza social, tra elettronica e acustica, che è una sorta di rarefatto requiem per cupi lacerti strumentali e voci offerti da tanti amici dedicato alla gente vaporizzata nel nulla atomico di Hiroshima e Nagasaki. Un lavoro doloroso, ma necessario. (guido festinese)

ANNA SCHIVAZAPPA
UN AIR D’ITALIE (Out There Music)
**** Il sottotitolo The Mandolin in Paris in the 18th Century spiega tutto o quasi: la giovane solista con il gruppo Pizzicar Galante (e il tenore Marc Mauillon) propone nove brani in tutto fra anonimato e autorialità (Gervasio, Dezède, Forquerai, Grétry). È la dimostrazione di come il gusto «pop» di allora, sorto a Napoli nel Seicento, si diffonda ovunque fino a diventare simbolo di un’identità musicale in grado di bilanciare le formule vernacolari all’imperante escalation barocca, che il disco riprende in esecuzioni splendidamente concertate. (guido michelone)

STAGE DOOR GUY
STAGE DOOR GUY BEACH PARTY (Autoprodotto)
*** Sbilenchi e divertenti come nel loro stile. Il nuovo disco della formazione londinese è meno spigoloso rispetto al precedente. Le dieci incisioni incluse, che non raggiungono neanche i trenta minuti di lunghezza, appaiono decisamente melodiche. La chiave punk blues riemerge a tratti (BullyboyBeach Party), ma le scelte virano su un hyperpop divertente e scanzonato (I’m DancingTicket to Peru) arricchito da passaggi country (L.O.V.E.). Il vertice viene toccato con Start at the End. (gianluca diana)

TIZIANO TONONI & THE PAHÀ SÀPA ENSEMBLE
WINTER COUNTS (Felmay)
**** Dedica principale a Leonard Peltier del movimento dei nativi americani, nelle galere Usa dal 1977, per questo imponente affresco sonoro e di spoken poetry di Tiziano Tononi. Principale, perché qui è considerata tutta la storia atroce del genocidio fisico e culturale a danno dei popoli delle origini dell’America del Nord. Due ensemble allargati in azione, con alcune delle eccellenze jazz italiane (e non solo), musica magmatica e ribollente, tra Ornette e Mingus con magnifiche oasi liriche a spezzare la tensione. (guido festinese)

PIERPAOLO VACCA
TRAVESSU (Tŭk Music)
**** Saldare assieme le ragioni di un futuro che ancora non esiste, se non nei nostri desideri o timori, e di un passato che non esiste più, se non nella trappola ambigua dei ricordi, è il compito più difficile richiesto alle musiche che si rifanno alla tradizione orale. Quando la saldatura di ragioni avviene, allora è una fusione alchemica che lascia stupiti e felici. Succede qui: un progetto dell’organettista Vacca che prende derive visionarie e telluriche assieme, note bluesy, battute trance e inspiegabili dolcezze, come se la Penguin Cafe fosse nata a Ovodda, Sardegna. (guido festinese)