Una frase di Jean-Louis Trintignant, scomparso ieri a 91 anni, lo rappresenta perfettamente perché il suo ideale sarebbe stato quello di «restare un attore clandestino». Un’affermazione che racchiude molti e sfaccettati elementi della biografia di un attore magnifico che ha operato indifferentemente in Francia e in Italia. Era nato l’11 dicembre 1930 a Piolenc, cittadina a una trentina di chilometri da Uzès, dove si era ultimamente ritirato. Figlio di un industriale e di una donna che lo avrebbe voluto femmina Jean-Louis ha trascorso i primi anni di vita, sino alla scuola, in abiti femminili, divertendosi a sollevare la gonna e fare pipì lì davanti creando scompiglio. Durante la guerra babbo è nella resistenza e viene anche imprigionato, mamma invece ha una relazione con un tedesco. La cosa non butta bene. Appena può lui se ne va, a Parigi, in cerca di qualcosa che non sa ancora cosa sia. Intanto si iscrive all’Institute des hautes études cinématographiques, per diventare regista. Ne dirigerà un paio, negli anni Settanta, non indimenticabili (lui stesso dirà che non era «all’altezza, non abbastanza impudico per essere regista»). Nel frattempo segue anche corsi di recitazione, ma quando debutta a teatro, a testa bassa, si ritiene «un attore un po’ troppo vergognoso», incapace di esteriorizzare.

ESASPERATAMENTE timido, almeno si è liberato dall’accento che lo caratterizzava. Si sposa con Stéphane Audran, ma dura poco, anche perché il cinema lo chiama, con uno di quei ruoli che cambiano una vita intera. Nel 1956 Roger Vadim, scopritore, mentore e marito di Brigitte Bardot lo rende protagonista di E dio creò la donna. Jean-Louis non è il partner di BB solo sullo schermo, lei mo

lla Vadim per stare con lui. Il battage mediatico, già allora, è furibondo. Il ragazzo timido è catapultato sulle prime pagine e non tanto per meriti artistici, quanto per la sua amante. Un’attenzione che non sfugge allo stato francese, all’epoca il servizio militare era obbligatorio e lungo, inoltre c’è la guerra d’Algeria e Jean-Louis è malvisto, sia per le sue fortune amorose che per il suo pensiero di simpatizzante del Fronte di Liberazione Nazionale algerino. Ingurgita allora quantità industriali di albume per evitare quella situazione, finisce in ospedale e per due anni verrà mandato di stanza in Germania. Meglio che a combattere gli algerini.

QUASI trentenne ritorna al suo lavoro di attore, all’inizio senza troppa gloria, e sposa Nadine. Sarà proprio Vadim (nel frattempo BB aveva mollato anche Trintignant per Gilbert Bécaud, per poi pentirsene) a rilanciarlo con Le relazioni pericolose e da quel momento la carriera di Jean-Louis diventa inarrestabile. Poco dopo è coprotagonista con Gassman de Il sorpasso diretto da Risi, e interpreta un film dopo l’altro sino allo sfinimento. Tra l’altro è giocatore feroce di poker, per vendicare la madre che perdeva sempre.
L’altro grande successo arriva con Claude Lelouch accanto a Anouk Aimée: Un uomo e una donna. Lui interpreta un corridore automobilistico, come il suo omonimo parente morto in un incidente nel 1933 durante una corsa e come zio Maurice, vincitore di un Gran Premio di Monaco in formula 1 e di una 24 ore di Le Mans. Qualche tempo dopo vince anche una Palma d’oro a Cannes per la sua interpretazione in Z l’orgia del potere di Costa Gavras.

QUANDO lui e Nadine perdono una figlia neonata è tragedia, ma ancora nulla rispetto a quello che il desti

no riserva loro qualche decennio dopo quando l’altra figlia Marie viene ammazzata di botte dal compagno Bertrand Cantat, il cantante dei Noir Désir. Decine di film, di successi, inutile citarli tutti, basti ricordare Il conformista con Bertolucci (che lo voleva per Ultimo tango, ma lui si sentiva inadeguato). Ha lavorato con tutti i registi più importanti e famosi, portando sempre il suo contributo di attore che lavorava in sottrazione, forse memore di quando non riusciva a esteriorizzare.
Trintignant è stato un vero divo del grande schermo, ma forse proprio per esorcizzare quell’esordio trasformato in evento mediatico, si è sempre tenuto in disparte, talvolta sparendo letteralmente dai radar dei giornali. Ora se n’è andato, serenamente, accanto alla moglie Marianne Hopfner, pilota automobilistico, nella tenuta dove produceva un Côte du Rhône dedicato a Arletty.