L’ira di Mosca “La risposta sarà dura” Allarme a Zaporizhzhia per un incendio
BERLINO — All’ora di pranzo sono stati alcuni cronisti dell’Agence France Press (Afp) a segnalare ieri il passaggio di mezzi corazzati a Suny, città di confine ucraina martoriata da mesi dalle bombe di Putin: si dirigevano verso il confine russo. I blindati erano contrassegnati da un triangolo bianco, simbolo delle truppe che hanno fatto incursione sei giorni fa nella regione di Kursk, e stavano andando a rafforzare l’offensiva nel territorio nemico. E per quanto il capo di Stato maggiore russo Valery Gerasimov continui a ripetere che tutto è sotto controllo, per quanto dal Cremlino arrivino notizie su assalti respinti nel distretto di Belaya o nella zona di Tolpino e Obshchym Kolodez, per quanto il black out informativo in quell’area stia rendendo difficile capire lo stato di avanzamento dell’esercito ucraino, è chiaro che l’incursione delle sue truppe nell’oblast di una delle maggiori centrali nucleari della Russia e di uno snodo fondamentale del gas diretto in Europa, è un motivo di crescente imbarazzo, per Vladimir Putin. Peraltro il dettaglio fornito da Mosca sull’esercito ucraino arrivato alle porte di Tolpino e Obshchy Kolodez è un’implicita ammissione che gli ucraini sono penetratiper 30 km. E mettere in risalto la vulnerabilità russa è esattamente quello che vogliono gli ucraini: un alto funzionario ha rivelato ieri all’Afp che «siamo all’offensiva. L’obiettivo è di estendere le posizioni del nemico, infliggere il massimo delle perdite e destabilizzare la situazione in Russia dimostrando che non sono in grado di proteggere i propri confini». Altro che la grande offensiva d’estate russa che avrebbe dovuto sfondare le linee ucraine, infiacchite dal ritardo delle armi e degli aiuti in arrivo dall’Occidente. Kiev si è ripresa l’iniziativa. E per uno degli eserciti più potenti del mondo, come lo definiscono gli esperti, il sesto giorno di invasione ucraina somiglia sempre più a un’umiliazione. Peraltro, a fronte della dichiarazione di Mosca che ci sarebbero un migliaio di soldati ucraini in Russia, la fonte ha affermato che sarebbero «molti di più: migliaia».
Ieri, per la prima volta dall’inizio della controffensiva, ha parlato Volodomyr Zelensky. E il presidente ucraino ha chiesto di poter alzare il tiro contro Mosca, ha chiesto ai partner di togliere qualunque limite nell’uso delle armi occidentali per poter colpire anche in territorio russo. «Abbiamo bisogno di soluzioni che eliminino le restrizioni alle nostre azioni difensive», ha detto il leader ucraino.
Ma in serata, anche Mosca è sembrata voler mandare un segnale di avvertimento pesante non solo aKiev, ma all’Europa. Nella più grande centrale nucleare del continente, Zaporizhzhia, è scoppiato un incendio. E Zelensky, rassicurando sul fatto che «i livelli di radiazione sono nella norma», ha osservato che «fin dal primo giorno della sua conquista, la Russia ha utilizzato la centrale nucleare di Zaporizhzhia solo per ricattare l’Ucraina».
La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha promesso ieri «una dura risposta», dopo che almeno 15 persone sono rimaste ferite in un condominio della regione di Kursk per la caduta di detriti di un missile ucraino abbattuto da Mosca. E una reazione russa non è mancata neanche a Kiev, dove alcune bombe sono tornate ad abbattersi sulla regione un raid intorno alla capitale. Ma intanto Aleksandr Lukashenko, dittatore bielorusso e burattino di Putin, comincia a innervosirsi: ha rafforzato le truppe al confine ucraino.