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Paolo Massari rievoca le vacanze del “circolo di Sabaudia” che riunì intorno ai due scrittori molti intellettuali italiani e stranieri Tra gli ospiti Bertolucci, Siciliano, Genet e McEwan. Dacia Maraini: stagione felice Ma fu interrotta nel 1975 dal massacro del Circeo e dall’omicidio del poeta friulano
C’è un posto dove a partire dagli anni Sessanta, e almeno per due decenni, scrittori, registi, intellettuali che gravitavano su Roma hanno amato trascorrere le vacanze estive. Questo luogo è la cittadina di Sabaudia, comune litoraneo sito nella provincia di Latina, fondato nel 1933 a seguito della bonifica dell’Agro Pontino. La città, concepita ispirandosi alla tradizione dell’architettura razionalista tedesca del periodo, fu costruita in un solo anno in base a un piano regolatore che prevedeva due assi stradali principali disposti ortogonalmente e un dieci per cento dell’area globale riservata al verde pubblico.
Dal punto di vista naturalistico, Sabaudia è celebre per le sue dune sabbiose prospicienti il mare, un litorale sul quale sono sorte diverse ville vissute come seconde case dai romani abbienti. Una di esse è quella acquistata all’inizio degli anni Sessanta da Pier Paolo Pasolini insieme ad Alberto Moravia: i due scrittori erano talmente amici da pensare di poter condividere non solo gran parte del proprio tempo, ma anche l’impegno di un investimento immobiliare.
« La casa di Sabaudia, incastonata tra le dune, è semplice e squadrata, come a voler esprimere un adattamento con l’architettura razionalista del luogo. La facciata bianca, la larga terrazza, le finestre ampie e i pavimenti in cotto. All’interno, pochi mobili e nessuno sfarzo, grandi divani di vimini. È una casa semplice, pensata per accogliere, per incontrare, e dove si parla di tutto. Davoli, Citti, Bertolucci, chissà quante partite di pallone tra le dune, quanto tempo a discutere, a cambiare idea. Anche, però, tanto silenzio: è una casa utile alla concentrazione, al lavoro, alla contemplazione del mare». Lo scrive Paolo Massari in un recente libro, a metà tra saggio e narrazione, dal titolo La vacanza degli intellettuali. Pasolini, Moravia e il circolo di Sabaudia (Utet, pagine 180, euro 19,00). L’autore, dottore di ricerca in Italianistica alla “Sapienza” di Roma, parla di “circolo di Sabaudia” perché quella e altre case divennero luoghi privilegiati di incontri tra personaggi quali oltre ai citati Moravia e Pasolini – Dacia Maraini, Bernardo Bertolucci, Laura Betti, Renzo Paris, Elio Pecora, Dario Bellezza, Enzo Siciliano. Ma anche scrittori stranieri: come il francese Jean Genet, impegnato nel 1971 a raccogliere firme di personaggi autorevoli (come Moravia, che però non accolse la richiesta) per una petizione a favore della Palestina, e Ian McEwan, che venne a Sabaudia a parlare con Bertolucci della sceneggiatura di un film che poi non sarà realizzato.
Una delle ultime testimoni di quella stagione irripetibile è Dacia Maraini, della quale Massari riporta queste parole: «Sabaudia rappresenta un periodo felice della mia vita: una casa in riva al mare, un uomo amato, degli amici affettuosi, delle giornate di scrittura intensa e una vita di mare». La scrittrice rievoca così quelle giornate indimenticabili: « Di mattina scrivevamo, si sentiva il ticchettio delle macchine da scrivere, quasi un concertino ben ritmato. Nel pomeriggio facevamo il bagno in mare e la sera cucinavamo il pesce fresco in compagnia dei molti amici che ci venivano a trovare: Ninetto Davoli, i fratelli Citti, Piera degli Esposti e tanti altri. La notte, al buio, Alberto ed io spegnevamo tutte le lampade e ci mettevamo sul terrazzino a respirare quell’aria profumata, guardando il cielo nero su cui le stelle spiccavano pulite e lucenti. Pier Paolo, invece, era poco contemplativo, correva sempre, anche di notte sfrecciava via per le sue conquiste amorose. Pier Paolo non ha avuto il tempo di godersi la sua casa, quel mare pulito e fresco».
A fare definitivamente da spartiacque, e a mettere in crisi quel mondo dorato, due fatti tragici, accaduti entrambi, a poche settimane di distanza l’uno dall’altro, nel 1975: il massacro del Circeo (avvenuto nella notte tra il 29 e il 30 settembre) e l’assassinio di Pasolini (perpetrato nella notte tra il 1° e il 2 novembre). L’anno prima lo scrittore era tornato a Sabaudia per un documentario dal titolo Pasolini e… La forma della città, che rimane quasi un suo testamento spirituale. Dopo aver filmato nella prima parte del servizio la città di Orte, nella seconda parte la scena si sposta a Sabaudia: prima sulle dune sabbiose, sulle quali Pasolini cammina (in una sequenza diventata celeberrima, perché a sua volta ripresa in molti documentari successivi su Pasolini), e poi nel centro urbano, le cui architetture rimandano visivamente alla grandeur del regime fascista.
Eppure, passati alcuni decenni, siamo portati – spiega Pasolini – ad apprezzare o quanto meno a non giudicare troppo negativamente lo stile costruttivo della città: «Una città ridicola, fascista, che improvvisamente ci sembra incantevole». Com’è possibile? Ciò succede perché, per quanto Sabaudia sia un prodotto del fascismo, quest’ultimo è stato sì una dittatura («un gruppo di criminali al potere», afferma Pasolini), ma non è stato in grado di scalfire in profondità la realtà del polo italiano, la sua identità rurale e preindustriale (Pasolini dice «paleoindustriale»). Dunque anche una città costruita dal fascismo non è veramente fascista, perché è a misura d’uomo, in quanto la dittatura non è riuscita a imporre nulla. Ora invece – conclude lo scrittore – siamo in un regime formalmente democratico, ma sotto di esso, grazie alla logica neocapitalistica che domina ogni fascia della società, sta avendo luogo una devastazione della realtà, attraverso l’acculturazione (nel senso dell’assunzione da parte del popolo della cultura borghese) e l’omologazione. Scandisce così il proprio j’accuse nei confronti della degenerazione ambientale, urbanistica e morale del nostro Paese: « La situazione dell’Italia, delle forme delle città nella nazione italiana (…) è decisamente irrimediabile e catastrofica ».