La «via italiana» al contrasto alla pedofilia del clero è una via di mezzo fra il quasi nulla assoluto che c’è stato finora e un’indagine completa e approfondita come invece accaduto in Francia e Germania e come chiesto a gran voce dalle associazioni delle vittime, dal coordinamento anti-abusi ItalyChurchToo, dai gruppi e base e da diversi teologi.

Il cardinale Matteo Zuppi, alla sua prima conferenza stampa da presidente della Conferenza episcopale italiana al termine dell’assemblea generale dei vescovi che si è conclusa ieri, non smentisce le proprie qualità di mediatore, presentando un percorso, approvato dalla Cei, che rappresenta appunto una mediazione fra il fare finta di nulla di chi lo ha preceduto al vertice della Chiesa italiana e l’indagare a tutto campo di Conferenze episcopali estere più coraggiose.

IL PIANO DELLA CEI «per una più efficace prevenzione del fenomeno degli abusi sui minori e sulle persone vulnerabili» prevede 5 linee di azione. Al primo posto il potenziamento dei «servizi diocesani per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili», attivi nelle 226 diocesi italiane dal 2019, e che si occupano soprattutto della formazione degli operatori pastorali, per «promuovere una cultura del rispetto e della dignità dei minori e delle persone vulnerabili».

Poi l’ampliamento dei centri di ascolto, gestiti per lo più da professionisti laici e per ora presenti in circa 160 diocesi, «per accogliere e ascoltare quanti vogliono segnalare abusi recenti o passati, e indirizzare a chi di competenza secondo l’esigenza espressa dalle persone: un medico, uno psicologo, un avvocato, la magistratura, le forze dell’ordine, un accompagnatore spirituale, un consulente di coppia».

LA TERZA E LA QUARTA linea di azione sono contemporaneamente le novità più importanti, ma anche le più «insoddisfacenti» per ItalyChurchToo. Entro il prossimo 18 novembre – Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi – verrà pubblicato il primo rapporto nazionale sulle attività di prevenzione e formazione e soprattutto sui casi di abuso segnalati o denunciati alla rete dei servizi diocesani. I dati saranno raccolti e analizzati da due istituti universitari indipendenti di ricerca, limitati però a un arco di tempo brevissimo: appena due anni (2020-2021), ovvero da quando sono stati attivati i servizi diocesani per la tutela dei minori, le uniche fonti a cui potranno attingere (è previsto un rapporto ogni anno).

Sarà invece un po’ più ampia, vent’anni, l’indagine «qualitativa e quantitativa» che sempre due istituti indipendenti condurranno sui documenti della Congregazione per la dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio), dove sono state inviate le carte relative a casi di pedofilia presunti o accertati compiuti da preti e religiosi nel periodo 2000-2021.

INFINE, LA QUINTA misura, la Cei continuerà a collaborare con l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, istituito presso il ministero della famiglia e delle pari opportunità. Per la prima volta, quindi, anche in Italia verrà pubblicato un rapporto “ufficiale” sui casi di abuso (l’associazione di vittime L’Abuso ne registra almeno un migliaio).

Per quanto riguarda l’indagine indipendente che abbia pieno accesso agli archivi ecclesiastici, la risposta c’è stata, affermativa, ma parziale e cauta: due centri di ricerca indipendenti indagheranno, ma su un periodo limitato e potendo accedere solo a una parte di documenti: quelli dei servizi diocesani raccolti nell’ultimo biennio e quelli della Congregazione per la dottrina della fede dell’ultimo ventennio. Nulla a che vedere quindi con le commissioni indipendenti istituite dalla diocesi di Monaco di Baviera – quella di Ratzinger – e dalla Chiesa francese, che hanno aperto tutti gli archivi dal 1945-50. Ma un primo passo, ancorché timido, che finora non era mai stato fatto.

«NON C’È NESSUNA volontà di coprire i numeri, anzi vogliamo essere seri e chiari e affrontare quello che ci fa più male perché riguarda direttamente noi che siamo qui ora, ecco perché abbiamo deciso di non tornare indietro di ottanta anni, ma solo di venti», spiega Zuppi. «È poco. Il mio caso, per esempio, non verrebbe contemplato, visto che è precedente al 2000», replica Francesco Zanardi, oggi cinquantenne, presidente della rete L’Abuso, che ha subito ripetute violenze sessuali da parte del proprio parroco da quando aveva 11 anni. «Incontriamoci e parliamo», l’invito di Zuppi. Che parla anche della guerra e delle armi: «Ci impegniamo a fare pressioni su governo e Parlamento perché l’Italia ratifichi il trattato Onu di proibizione delle armi nucleari».