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31 Marzo 2023di Pierluigi Piccini
È da qualche settimana che mi assilla un pensiero che non riesco a circoscrivere del tutto. Quando avvengono situazioni del genere entro in una fase di disagio non riuscendo a liberarmi dalle congetture. Ho cercato in alcune pubblicazioni persino in internet, ma non ho trovato nessun conforto. Come nulla ho ottenuto dalla discussione con persone che avrebbero dovuto essere preparate, in questo caso, però ho potuto verificare che l’appartenenza è più forte della capacità di giudicare autonomamente. Vezzo molto diffuso che a me non appartiene. Ma vediamo se riesco a formulare la domanda: con la partecipazione diretta tramite un movimento politico di un responsabile apicale della Caritas ad una competizione elettorale, la Chiesa di quel territorio si schiera direttamente e, o indirettamente con un partito? Ne accetta le idee e i contenuti? Espone i cattolici di diverso orientamento ad una forzatura politica? È possibile tracciare e come una demarcazione tra appartenenza politica e rispetto delle indicazioni morali e sociali del cattolicesimo? O tutto è demandato alla sensibilità della persona? Ho cercato, come dicevo sopra una risposta, ma non ho trovato situazioni che mi potessero aiutare nella risoluzione dei problema. Ho trovato, viceversa, in casi di elezioni amministrative appelli, proposte da sottoporre ai candidati come a Prato (Pastorale sociale e del lavoro, Caritas e La Pira), candidati che si sono dati da fare nelle mense della Caritas e via discorrendo. Ma nella ricerca non ho trovato nessuno che sia passato da un impegno diretto nella Caritas a un impegno politico altrettanto diretto. E a questo proposito alcune considerazioni meritano di essere sviluppate. Sarebbe necessario che trascorresse un certo lasso di tempo dal lavoro nel sociale con tutti gli annessi e connessi, al fine di togliere la responsabilità sostanziale che rimane nel tempo, con l’impegno di partito. Gli atti formali servono a poco. in questo caso il fine dell’impegno politico è fare il primo cittadino con i rischi che tale incarico comporta: il conflitto di interesse a ogni pie sospinto. I rischi potrebbero penalizzare soprattutto l’istituzione Comune così come la Chiesa creando una commistione con tratti indesiderabili per la laicità istituzionale e l’interesse generale. Oggi la Caritas è l’attività pastorale diretta della Chiesa sul territorio. Ciò implica, in chi la rappresenta o l’ha rappresentata fino a ieri di esserne l’immagine, la riconoscibilità e l’appartenenza come la concretezza economica: i contributi che si riversano sui cittadini singoli o associati. Gli stessi che sono chiamati a votare. Di qui il dubbio legittimo che investe i temi della par condicio e del conflitto di interessi. A questo proposito siamo veramente sicuri che il rappresentante dell’associazione per la diretta attuazione della cura delle persone non goda di vantaggi e di riconoscibilità? La carità è sicuramente la virtù a cui ispirarsi, ma non sempre trova la giusta dimensione e collocazione negli affari terreni e si sa che i partiti perseguono altre logiche. Su cos’è caritatevole si potrebbe aprire un lungo discorso, uno per tutti: il rapporto tra carità e diritti soggettivi. Dove si ferma la prima e dove arrivano i secondi? Il rispetto delle leggi è sufficiente? Ma per arrivare alla “razionalità” legislativa è necessario un percorso politico di cui i partiti sono i depositari. Per un cattolico militante, come un dirigente della Caritas è sufficiente appellarsi al libero arbitrio? Teologicamente un gran bel tema. Quando si decide di far parte di un partito, anche se non si è iscritti, ma si hanno responsabilità di primo piano i conflitti morali potrebbero diventare materia quotidiana, non tutti sono La Pira. E i partiti sarebbe bene che evitassero di fare scelte del genere per non mettere a rischio la laicità delle istituzioni. Tranne il Pd che sino dall’origine, ha fatto dell’ambiguità tra le sue due componenti la matrice delle contraddizioni non superate del proprio essere. Contraddizioni che rimangono ancora con la segreteria Schlein. Forse, ma non ne sono sicuro, sto iniziando a togliermi di dosso alcuni pensieri, non so però se sono riuscito a rendere chiara la problematica e la contraddizione che sottintende il disagio del pensiero inteso come azione.