
Addio all’ex sindaco Vagaggini
24 Agosto 2025
La morte mi è passata accanto ancora una volta. Un fatto drammatico, vicino, ha riportato alla superficie ciò che non mi ha mai abbandonato. È la mia compagna di sempre, anche quando sembra tacere. Non si mostra con clamore: resta lì, in disparte, a ricordarmi che ogni cosa è fragile, ogni istante provvisorio.
Ho cercato di affrontarla con freddezza, come se il distacco potesse proteggermi. È un’arma spuntata, un tentativo disperato di esorcizzarla. La verità è che la sua presenza scava dentro, si insinua nei pensieri, riappare nei momenti meno prevedibili.
Eppure, accanto al dolore, la morte sa trasformarsi in un’altra cosa. Nel vuoto che lascia, a volte i legami si fanno più radicali, più quotidiani. Con mia madre è successo così: la sua assenza non ha cancellato il rapporto, lo ha reso più intimo, più vicino di quanto lo fosse quando era in vita. Una presenza silenziosa che accompagna i gesti e i giorni, che mi parla senza parole.
La morte resta ambigua: ingiusta, perché toglie ciò che nessuno dovrebbe togliere; necessaria, perché costringe a dare peso al tempo che abbiamo. È una ferita che non si chiude e allo stesso tempo il limite che dà forma alla vita. Forse non si tratta di accettarla o respingerla, ma di vivere dentro questa tensione: riconoscerla come confine e, nello stesso tempo, sfidarla con la memoria, con la parola, con i gesti quotidiani che mantengono vivi coloro che non ci sono più.
Così, quando mi torna vicina, non posso che guardarla in faccia. E mentre lei mi accompagna, io continuo a opporle la mia fragile ostinazione: vivere.