«Il governo banalizza la povertà scaricando il peso sociale addosso ai comuni. Da oggi avremo la fila di famiglie ai servizi sociali, e non abbiamo risposte perché senza risorse e senza personale. Il governo stanzi subito risorse sostitutive o avremo grandi tensioni sociali». Con queste parole il sindaco di Pesaro e coordinatore dei sindaci del Partito democratico Matteo Ricci lancia l’allarme per la cancellazione del reddito di cittadinanza per 169 mila percettori e fa capire che la contesa politica riguarda la povertà e la tenuta sociale del paese. Basta per alzare il livello della tensione, tanto che da Forza Italia Maurizio Gasparri arriva addirittura a sventolare il codice penale. «Il comportamento di Conte e dei suoi seguaci è temerario e provocatorio e sfiora anche responsabilità da codice penale. Un conto è fare opposizione sostenendo tesi sbagliate e perdenti. È una loro facoltà. Un altro è usare un linguaggio ambiguo, che potrebbe dar luogo a comportamenti provocatori e violenti da parte di qualcuno». Per il senatore azzurro, insomma, il M5S sarebbe colpevole di aver creato un «clima di contrapposizione esasperata che può portare a situazioni incresciose». Qualcuno ritira fuori persino l’epiteto di «cattivo maestro» per l’ex presidente del consiglio.

EPPURE GIUSEPPE Conte, che negli ultimi tempi non ha lesinato le sue critiche all’esecutivo, dice abbastanza chiaramente che il suo attivismo si ferma sulla soglia del primo gradino di Montecitorio. A chi gli chiede se sarà in piazza nei prossimi giorni, il leader dei 5 Stelle risponde con toni tutt’altro che barricaderi. «Non è che dobbiamo aderire perché vogliamo fomentare una protesta – dice Conte – Il nostro ruolo è lavorare qui in parlamento per raccogliere il disagio sociale delle piazze, come abbiamo fatto nei mesi scorsi, e conoscere la realtà sociale ed economica del paese. Stiamo dando il nostro contributo con l’invito al governo a riunire immediatamente un consiglio dei ministri per provvedere con urgenza a porre rimedio».

PER ELLY SCHLEIN «c’è grande cinismo e brutalità nell’sms arrivato a 169 mila famiglie informandole che non avrebbero avuto più nessun supporto contro la povertà». «La povertà non si sceglie, la povertà non è una colpa ma frutto di politiche sociali sbagliate – prosegue la segretaria del Pd – Servono risposte che in questo momento il governo di Giorgia Meloni sta scaricando sui comuni, peraltro definanziati perché la stessa manovra che ha cancellato il reddito non ha messo risorse sui comuni, con i servizi sociali in grande difficoltà, scaricando sugli assistenti sociali. Non è accettabile». «Di fronte ad una scelta irresponsabile del governo sullo stop burocratico al reddito di cittadinanza ora nel nostro paese abbiamo centinaia di migliaia di famiglie allo sbando e disperate – aggiunge il segretario nazionale di Sinistra italiana Nicola Fratoianni – Abbiamo sindaci ed amministrazioni locali costrette a governare situazioni di disagio sociale senza strumenti e risorse. Un vero e proprio capolavoro della destra». E Carlo Calenda conferma di essere favorevole alla cancellazione del reddito di cittadinanza nel merito ma contesta nel merito al governo di aver comunicato male la misura, di non aver affrontato insieme il tema del salario minimo e chiede che almeno si tornasse al Rei del governo Renzi o alle agenzie private che voleva tirare dentro il meccanismo il premier Draghi.

DI FRONTE a tutto ciò, per la destra le opposizioni stanno «fomentando la guerra sociale». Sono parole del vicepresidente della camera Fabio Rampelli, secondo il quale «la misura voluta da Conte era valida all’origine per tre anni, cioè fino allo scorso marzo. Dunque l’idea di chi sta protestando contro il mancato rinnovo di questa misura è più propriamente quella del ‘vitalizio di cittadinanza’, cioè di uno stipendio fisso e valevole per tutta la vita. La sua riforma era un impegno elettorale che il centrodestra sta mantenendo per lasciare il reddito ai soggetti socialmente fragili e inserire in percorsi idonei chi è in grado di lavorare».