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Le Brief
15 Febbraio 2025
Vance parla a Monaco e attacca l’Europa “Tradisce i nostri valori”
15 Febbraio 2025Non si conoscono ancora i dettagli della soluzione immaginata da Donald Trump per mettere fine al conflitto in Ucraina. Ma la parola d’ordine è chiara: la resa di Kyiv.
In seguito al suo colloquio telefonico con Vladimir Putin, il presidente americano ha in effetti già tracciato tre linee: la rinuncia per l’Ucraina a tornare all’interno delle sue frontiere precedenti al –2014, la non adesione del Paese alla Nato e il non dispiegamento di soldati americani sul suo territorio.
Da mesi, da molto prima dell’uscita di scena di Joe Biden, i collaboratori di Volodymyr Zelensky sono consapevoli dell’impossibilità di riprendere i territori occupati dalla Russia sin dal 2014 in assenza di un massiccio sforzo occidentale.
Dietro le quinte e nella prospettiva ipotetica di un negoziato, avevano avanzato l’idea di una rinuncia provvisoria alla sovranità su quelle zone, chiedendo però alla comunità internazionale di non riconoscere ufficialmente e giuridicamente l’annessione russa. In sostanza, domandavano di prendere atto delle forze in campo senza premiare l’illegalità dell’operazione russa. A una condizione: per Kyiv questa dolorosissima concessione doveva essere accompagnata dalla garanzia della propria sicurezza, l’attribuzione cioè di un sostegno militare occidentale per scongiurare ogni futuro tentativo russo di riprendere l’offensiva dopo l’accordo.
È a questo scopo che Kyiv aveva chiesto di integrare la Nato o anche solo di poter contare sul dispiegamento di truppe occidentali, in modo da congelare la situazione come sulla frontiera tra le due Coree e di avere protezione per il Paese come lo hanno il Giappone e le Filippine. Ma Donald Trump sembra aver chiuso a questa ipotesi. La sicurezza dell’Ucraina dovrà essere interamente gestita dall’Ue. In termine concreti, significherebbe il dispiegamento in Ucraina di decine di migliaia di soldati europei. Quanti? A fine gennaio Volodymir Zelenski ha stimato che servirebbero “minimo” 200 mila militari per essere credibili a fronte di un milione e mezzo di effettivi russi. Duecentomila uomini, vale a dire l’equivalente dell’esercito francese.
Considerato l’onere economico dell’impegno di un contingente europeo, è facile supporre che sarà molto difficile raggiungere un tale livello di forze. E la deterrenza sarà di conseguenza molto relativa. Anche perché nulla garantisce che, con Trump alla Casa Bianca, un attacco russo contro i soldati europei sul suolo ucraino farebbe scattare automaticamente l’articolo 5 del Trattato della Nato, la mutua assistenza in caso di aggressione armata contro uno o più membri dell’Alleanza.
Se gli Europei vogliono realmente assicurare la propria sicurezza e quella dell’Ucraina dunque, debbono prendere atto che gli equilibri sono cambiati e diventare adulti dal punto di vista militare. Significa spendere di più e investire nell’industria di difesa europea. Ci vorrà tempo. Intanto la Francia, unica potenza nucleare dell’Unione, ha un ruolo particolare da svolgere.
La “force de frappe” voluta da De Gaulle deve essere mesa al servizio dell’Ue e di quell’Ucraina già candidata all’adesione nonché, di fatto, frontiera avanzata del vecchio continente.
Nella dottrina nucleare francese l’arma atomica ha una vocazione esclusivamente difensiva. Il suo scopo è quello di dissuadere qualsiasi Paese dall’attaccare gli “interessi vitali” dell’Esagono. Ma già nel 1964 il generale De Gaulle, tornato al potere sei anni prima, dichiarava: «La Francia deve sentirsi minacciata non appena i territori della Germania federale e del Benelux vengano violati».
Diversi suoi successori all’Eliseo hanno confermato e approfondito l’idea secondo la quale la deterrenza francese può avere una dimensione continentale. «La definizione dei nostri interessi vitali non può essere limitata alla scala nazionale (…) Con i suoi partners europei la Francia ha una solidarietà di fatto e di cuore. Chi, dunque, potrebbe credere che un’aggressione capace di mettere in discussione la sopravvivenza dell’Europa non avrebbe nessuna conseguenza?» spiegò nel 2015 l’allora presidente François Hollande, convinto che la strategia di difesa della Francia, compreso l’ambito nucleare, non potesse essere ridotta agli interessi strettamente nazionali. Un concetto ribadito da Emmanuel Macron, precisando che «gli interessi vitali della Francia hanno ormai una dimensione europea». Questa dimensione deve essere estesa oggi all’Ucraina.
In un mondo in cui Mosca e Washington cercano di imporre la regola del più forte, l’Ue deve tornare protagonista. Non c’è più tempo per tentennamenti che abbandonino l’Ucraina, scuoiata dai suoi territori da Putin e dalle sue terre rare da Trump. Appena si troverà la formula del cessate il fuoco, l’Unione dovrà farsi garante della sicurezza dell’Ucraina non occupata.
E affinché sia credibile, Emmanuel Macron, che nel 2022 ricordò a Vladimir Putin come la Russia abbia l’arma nucleare «ma l’abbiamo anche noi», deve mandare al Cremlino un messaggio chiaro, in coordinamento con gli altri membri dell’Ue e a loro nome (compresa, auspicabilmente la Gran Bretagna, l’altra potenza nucleare europea): Parigi farà sentire la sua determinazione a difendere gli interessi vitali e i valori comuni di libertà e democrazia fino a Kyiv, Kharkiv, Kherson e Odessa. Anche con la deterrenza atomica.