Lo sbarco in Normandia fu un’impresa così straordinaria, che per alcuni aspetti rimanda ad un’altra impresa alonata di leggenda, quella del geniale Annibale che fa attraversare le Alpi ai suoi elefanti. Prima di ogni altra considerazione c’è quella di aver concepito e ritenuto realizzabile, sia pure a carissimo prezzo in vite umane, un assalto alla costa settentrionale della Francia che i tedeschi avevano potentemente fortificato. Lo si può vedere anche oggi da ciò che rimane e proprio una visita dei luoghi mi spinse anni fa a fare ricerche sull’evento.

 

 

Per me romano, al significato generale s’aggiungeva infatti l’elemento emotivo che lo sbarco avvenne il 6 giugno 1944; due giorni prima, il 4, Roma era stata liberata, per un giorno ebbe le prime pagine dei giornali negli Stati Uniti; poi arrivò la Normandia e Roma scomparve. Il comandante in capo dell’operazione, il generale americano Dwight Eisenhowersapeva di mettere in gioco in quell’impresa il suo destino, in caso di fallimento sarebbe precipitato nella vergogna dato l’alto numero di uomini che in ogni caso sarebbero caduti; in caso di vittoria si aprivano per lui, come poi fu, le porte della Casa Bianca.

Le truppe di sbarco erano formate da soldati di tutta l’alleanza, compreso un contingente francese. Gli americani dovevano conquistare il tratto di costa più difficile, una spiaggia fortificata ai piedi della penisola del Cotentin, denominata Omaha Beach. Il breve tratto sabbioso era chiuso da alture con pareti quasi verticali, scogliere non molto dissimili da quelle di Dover sull’opposta costa inglese; in Francia però sormontate da bunker teoricamente imprendibili; gli uomini che arrivavano fradici dal mare si trovavano sotto il fuoco micidiale delle mitragliatrici senza possibilità di rispondere fino a quando non si fosse stabilita una solida testa di ponte.

 

 

Due film grandiosi mostrano quale ardimento fu necessario per conquistare Omaha Beach. Il giorno più lungo del 1961 con John Wayne protagonista, vi presero parte numerosi registi ma il vero autore è sicuramente l’uomo che a ogni costo l’aveva voluto, il produttore D.F. Zanuck. Poi nel 1998 Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg, protagonista Tom Hanks. I primi venti minuti ricostruiscono con sconvolgente realismo proprio le difficoltà e le insidie che i militari americani incontrarono su quella spiaggia.

Di quella pagina di storia, sappiamo tutto ciò che è possibile sapere. Molto venne filmato mentre i fatti erano in corso, il resto è stato poi ricostruito con tutta l’attendibilità che in casi come questi si può sperare d’avere perché ricostruire una battaglia è a sua volta un’impresa di immensa difficoltà. Si tratta di eventi caratterizzati dal disordine, dal caos delle iniziative individuali, dalla paura, dalla ferocia.

Do un dettaglio che illustra di quali mezzi i paracadutisti americani, lanciati nel buio della notte precedente, erano dotati: ogni uomo aveva addosso un paracadute di riserva poggiato sullo stomaco, sotto il paracadute un apparecchio radar del peso di 14 chili. All’imbracatura del paracadute erano agganciate alcune bombe a mano, a tracolla un fucile mitragliatore; in varie parti del corpo distribuiti un pugnale, una Colt 45, una bomba da segnalazione, una bomba al fosforo, una borraccia d’acqua, una mina anticarro, una siringa di morfina già predisposta, razioni D (a base di cioccolato) e, aggiunta quasi commovente, un’edizione economica di Oliver Twist di Dickens stampata apposta per le forze armate. Gravati da quel peso gli uomini avanzavano barcollando fino a quando non potevano liberarsi degli oggetti non più necessari.

Nelle ultime settimane prima dell’invasione tutta l’Inghilterra meridionale s’era trasformata in uno sterminato accampamento e magazzino militari con non poche frizioni con i locali. Lungo le strade e nelle campagne si concentravano mezzi motorizzati e blindati, munizioni per ogni tipo di armi comprese le mine, carburanti, materiali del genio: parti di ponti compresi i ponti di barche, rotoli di filo metallico d’ogni calibro compreso il filo spinato, gli apparati di comunicazione individuali e di compagnia, tutto ciò di cui l’esercito moderno di una grande potenza industriale deve avere prima di cominciare a combattere. Bare anche, migliaia di bare e sacchi per contenere cadaveri, tutti sapevano che il costo umano sarebbe stato altissimo.

Un altro aspetto che vale la pena di rievocare sono le operazioni di spionaggio e controspionaggio che precedettero l’invasione e in larga misura ne assicurarono la riuscita. Gli uomini che vi si applicarono avevano il compito di non far scoprire ai tedeschi quale fosse il tratto di costa scelto per lo sbarco; il punto più conveniente per un attraversamento del Canale è ovviamente quello che corrisponde al Pas de Calais. Scelta così ovvia che Rommel, responsabile della difesa, proprio lì aveva fatto rafforzare al massimo le fortificazioni: il Vallo atlantico.

Nell’opera di disinformazione si arrivò a una finezza che costituisce da sola un insuperato capolavoro della controinformazione. La storia di questa parte meno conosciuta della guerra si sviluppa con un andamento romanzesco fino ad incarnarsi nella figura, non si può dire se più straordinaria o tragica, di un uomo.

Da un ospedale londinese venne prelevata la salma di un uomo sui quarant’anni morto di polmonite. Il cadavere venne rivestito con l’uniforme di capitano dello stato maggiore, munito di un salvagente in uso nelle forze aeree britanniche, dotato di documenti d’identità e ricordi personali così precisi da comprendere tra l’altro la lettera d’una finta moglie che si lamentava di non avere notizie e la foto di alcuni finti figli. Al busto del finto capitano venne assicurata una cartella impermeabile con documenti in chiaro e in codice che descrivevano concentramenti di truppe in previsione di uno sbarco nella zona di Calais. Il cadavere venne lanciato nottetempo in una zona di mare frequentata da sottomarini tedeschi. L’operazione, si seppe in seguito, riuscì. I tedeschi credettero davvero che il povero morto con i polmoni pieni d’acqua fosse un ufficiale di collegamento annegato in mare dopo l’abbattimento del suo aereo. Nessuno degli stratagemmi e degli inganni avrebbe però avuto una tale efficacia se gli Alleati non fossero stati a conoscenza delle chiavi per portare in chiaro i codici cifrati dai tedeschi grazie a una complicatissima macchina chiamata “Enigma”. Nelle molte ragioni che hanno permesso la vittoria alleata e la sconfitta della Germania nazista rientra sicuramente la violazione di “Enigma” da parte di un gruppo di uomini, guidati dal geniale matematico britannico Alan Turing, che riuscì a decifrare il complicato gioco di chiavi incrociate, un baluardo che i progettisti della macchina ritenevano insuperabile. Qui però si apre un’altra storia, la vicenda conclusasi tragicamente di uno degli uomini che hanno aperto la strada alla nostra era digitale ed è necessario fermarsi.

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