Lasciate perdere gli screzi tra Emmanuel Macron e Olaf Scholz. A Copenaghen, al congresso dei Verdi europei, c’è una coppia francotedesca che va alla grande. È una coppia lesbica, ed è anche un duo politico che sta apparecchiando le prossime elezioni europee del 2024 con una formula svecchiata.

La berlinese Terry Reintke è oggi al secondo mandato in Europarlamento, e da questo autunno ha pure rimpiazzato Ska Keller alla presidenza del gruppo parlamentare verde in Ue. La sua compagna, Mélanie Vogel, da quest’estate dirige il partito verde europeo, ed è anche senatrice in una Francia dove i Verdi vanno già a braccetto con la sinistra, con l’esperienza dell’unione di sinistra ecologista Nupes.

Se fino a qualche tempo fa i verdi oscillavano in base ai paesi – chi più liberal, chi più a sinistra – oggi il partito europeo insiste su lotta climatica e giustizia sociale insieme, inscindibili fra loro. E poi i diritti, in ogni declinazione: Vogel porta avanti, in Francia da senatrice, la lotta politica per avere il diritto all’aborto in Costituzione; e il partito verde europeo ha appena approvato a Copenaghen una risoluzione su questo tema.

L’impronta femminista è chiara, in una famiglia europea che già decenni fa ha fatto da apripista garantendo la rappresentanza di genere con le co-presidenze. Altrettanto vale per i diritti Lgbt, e per la lotta agli autoritarismi. Su questi punti, la storia di Vogel è in sé una dichiarazione politica: l’amore con Reintke è esibito con orgoglio sui social, e per la presidente francese del partito verde europeo Giorgia Meloni «va considerata come una neofascista, non c’è proprio alcun dubbio sulla sua natura politica».

I popolari europei irrobustiscono le relazioni politiche con Meloni, e se già il Ppe ha votato con l’estrema destra sul clima, gli slittamenti in corso determineranno anche gli scenari per le europee. C’è l’ipotesi Metsola alla Commissione nel 2024. Presidente Vogel, come reagiscono i Verdi?

Al di là delle relazioni tra i nostri due paesi, che mi auguro siano cooperative come sempre, per me è stato stupefacente che il presidente francese, quando ha incontrato la vostra nuova premier, non abbia espresso in alcun modo le sue perplessità. In Francia Giorgia Meloni è considerata senza ombra di dubbio neofascista.

Ora, il fatto che il Ppe si spinga sempre più a destra è ormai lampante: lo si vede in Italia, in Svezia, e per certi versi pure in Francia visto che al ballottaggio piuttosto che far vincere la sinistra c’è chi avrebbe scelto Marine Le Pen. Ormai l’obiettivo non è fermare l’estrema destra, ma contenere la sinistra. La campagna elettorale dei Verdi alle prossime europee sarà orientata su un obiettivo chiaro: avere in Europa una maggioranza progressista, europeista, verde e sociale. Penso che i verdi siano la sola risposta credibile all’estrema destra e che questa maggioranza si debba organizzare attorno a noi.

Quest’estate, vista l’esperienza di successo dell’unione di sinistra ecologista (Nupes) guidata da Jean-Luc Mélenchon in Francia, Manon Aubry che viene dalla France Insoumise e che è la capogruppo della sinistra all’Europarlamento ha detto a Domani che il prossimo passo sarebbe stato una Nupes europea. Condivide? È fattibile per il 2024 un fronte progressista?

Io penso che ci presenteremo alle elezioni europee ciascuno con la sua lista, non ci sarà una lista unitaria, ma quello che mi auguro è che i risultati elettorali saranno tali da garantire a queste forze una rappresentanza maggioritaria.

Una coalizione come passo successivo al voto, quindi?

Diciamo così. Noi avremo un nostro processo interno per la selezione delle candidature, e lo faremo come Verdi, come sempre. Ma spero che questo processo sia trasversale, aperto alle energie presenti nella società, così che le figure sulle quali punteremo siano anche le più adatte per aggregare poi altre forze.

Lei dice che i Verdi ambiscono a fare da perno a questa futura maggioranza progressista, ma in Francia Yannick Jadot è stato spazzato via alle presidenziali da Mélenchon, e in Italia… Come vede la situazione dei verdi da noi? Il capogruppo dei Verdi, Philippe Lamberts, aveva detto a Domani mesi fa di guardare con interesse a Elly Schlein. Lei ora è in corsa alle primarie del Pd.

Conosco Schlein, la conoscevo già quando era eurodeputata, e certamente guardo con interesse alla sua figura politica, a come si sta muovendo. La situazione in Italia oggi è molto fluida e il perimetro della nostra partecipazione alle europee del 2024 non è già tracciato rigidamente, ma c’è una cosa della quale sono certa: i verdi europei hanno la ferma volontà di trovare uno spazio per rilanciare il progetto ecologista in Italia. C’è bisogno, di avere eurodeputati verdi italiani: non è più accettabile che in un paese fondatore, così importante, con tante questioni climatiche in gioco, non ci sia una robusta rappresentanza ecologista.

Al congresso dei verdi di Copenaghen il tema dello stato di diritto, e della lotta agli autoritarismi, è stato ribadito anche con un voto. Cosa ne pensa del fatto che in Italia la premier porti in tribunale i giornalisti?

Lo trovo preoccupante. Non puoi avere democrazia se non hai anche una libera stampa. È una questione che va affrontata a livello europeo; il Media Freedom Act proposto dalla Commissione Ue non è che un primo passo.

Lei in Francia si è attivata per inserire il diritto all’aborto in Costituzione, il suo primo tentativo in Senato è fallito, ma una proposta analoga è passata all’Assemblea nazionale. Una legge semplice non basta? Le francesi, o italiane, rischiano di vedersi negato questo diritto?

Se le condizioni politiche peggiorano, una legge può essere contraddetta più facilmente della Costituzione: il diritto va puntellato ora, il più possibile, e la stragrande maggioranza di francesi è favorevole.

Ora la proposta dovrà ripassare in Senato, anche se gli equilibri politici qui sono più ostici; o può essere il governo stesso a proporre una legge costituzionale, ed è ciò che auspico.