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Le trattative per la sicurezza dell’Ucraina sembrano arenarsi. Mosca ha ribadito che qualsiasi discussione che escluda la Russia è «una strada verso il nulla». Il ministro degli Esteri Lavrov ha respinto l’ipotesi di peacekeeper occidentali, parlando di tentativi maldestri dell’Europa di spingere gli Stati Uniti a modificare la propria posizione. L’incontro tra Putin e Zelensky, su cui Donald Trump punta per rivendicare un successo diplomatico, appare sempre più lontano. Il Cremlino non vuole riconoscere al presidente ucraino la legittimità di firmare un accordo di pace, ma al tempo stesso non può permettersi di irritare l’inquilino della Casa Bianca, da cui dipende sempre più l’appoggio politico e diplomatico. La strategia di Putin è evidente: guadagnare tempo, continuare la guerra sul campo e arrivare ai negoziati da una posizione di forza.
Trump, invece di alzare la pressione sul Cremlino, ha deciso di colpire la Corte Penale Internazionale che ha emesso mandati di cattura contro Putin e Netanyahu, sanzionando i giudici e ottenendo l’applauso di Israele. Durante la recente visita di Zelensky alla Casa Bianca, il presidente americano ha perfino esposto nello Studio Ovale una mappa dell’Ucraina con i territori occupati da Mosca, un gesto che la portavoce russa Zakharova ha definito «uno schiaffo in faccia» per costringere Kiev a riconoscere quanto avrebbe perso.
La guerra, intanto, logora la Russia dall’interno. Secondo stime occidentali, centinaia di migliaia di soldati russi sono morti o rimasti feriti. Le risorse economiche sono state drenate dal conflitto, mentre l’industria e l’energia dipendono sempre più dalla Cina, che compra petrolio e gas a prezzi stabiliti da Pechino e riempie i mercati russi con i propri camion e macchinari. Il sogno di ricostruire un impero si è trasformato nel rischio di diventare vassalli di un altro impero.
Dall’altra parte, l’Ucraina non è stata “denazificata” come proclamava Putin, ma è oggi molto più militarizzata e radicalmente ostile a Mosca. I territori occupati, devastati e spopolati, richiederanno investimenti immensi per tornare abitabili. In questo contesto, Putin non può fermarsi: cercherà di ottenere la rimozione delle sanzioni, il riconoscimento della Crimea e delle aree conquistate, e soprattutto si opporrà a garanzie di sicurezza realmente efficaci per Kiev.
La trappola è chiara: prolungare all’infinito i negoziati di pace senza concedere tregue, continuare a combattere e, nel frattempo, presentarsi al tavolo con richieste impossibili. Trump sembra disposto a inseguire un accordo pur di intestarsi un successo politico, magari sperando in un Nobel per la Pace, ma il rischio è che finisca per avallare una trattativa sbilanciata. Il risultato è che la guerra si allunga, il costo umano cresce, e la pace rimane una prospettiva lontana, intrappolata negli inganni di Mosca e nelle ambiguità dell’Occidente.