A meno di un mese dalla fine dell’inverno astronomico stiamo ancora aspettando la neve, e intanto continua il caldo fuori stagione. Per la prima volta in questo periodo le creste appenniniche sono spoglie, invece di essere coperte da un esteso e uniforme manto bianco. La neve si trova solo in alcuni canaloni e lungo le piste da sci, perché sparata artificialmente. Finora dall’Atlantico sono arrivate poche perturbazioni e tutte hanno fatto piovere, e non nevicare, fino ad altezze che hanno toccato le cime dell’Appennino e i 1.600 metri sulle Alpi.
Il 2023 è stato un anno orribile in Italia per gli eventi estremi: sempre caldissimo, è cominciato con una siccità molto grave al nord ed è proseguito con le alluvioni devastanti in Emilia-Romagna a maggio e in Toscana a novembre, che da sole hanno procurato danni per circa dodici miliardi di euro. C’è stata anche una miriade di fenomeni violenti, anche se più circoscritti, come i vari casi di grandine gigante, che secondo il report dello European severe storm laboratory hanno colpito di più l’Italia rispetto ad altre zone dell’Europa. Sappiamo che c’è una relazione diretta tra l’aumento della temperatura e la frequenza e l’intensità dei fenomeni meteorologici estremi, e il 2023 ha registrato un balzo in avanti nella temperatura media globale.
Nei primi due mesi del 2024 la temperatura è continuata a salire. Lo scorso gennaio è stato l’ottavo mese consecutivo più caldo da quando si effettuano le misurazioni, portando le temperature medie globali degli ultimi dodici mesi a superare la soglia di 1,5 gradi di riscaldamento rispetto all’era preindustriale. Anche febbraio è proiettato a riscrivere la storia climatica globale e locale con continui record giornalieri: per esempio, sulle coste atlantiche del Marocco ben dodici stazioni meteorologiche hanno registrato una temperatura superiore ai 34 gradi, che era il precedente record invernale.
Questa accelerazione improvvisa del riscaldamento globale, che porta con sé pesanti e immediate conseguenze anche per l’Italia, interroga e preoccupa la comunità scientifica internazionale. Sebbene fosse atteso un aumento delle temperature per effetto del riscaldamento temporaneo e periodico delle acque superficiali dell’oceano Pacifico (fenomeno chiamato El Niño), questo sarebbe dovuto succedere principalmente nei prossimi mesi, mentre le temperature hanno cominciato a salire fino a valori mai registrati già dal giugno 2023.
Il motivo va probabilmente cercato nel cambiamento delle dinamiche degli oceani. L’accumulo di gas serra nell’atmosfera causato dagli esseri umani sta determinando un aumento della frazione di energia in arrivo dal sole, che rimane poi intrappolata nel sistema terra-atmosfera. I gas serra, infatti, agiscono come un elemento opaco che ostacola il ritorno del calore dalla Terra verso lo spazio. Più del 90 per cento dell’energia in eccesso intrappolata in questo modo è assorbita e stoccata nella profondità dei mari.
In estate bisognerà fronteggiare intense ondate di calore, anche se non si sa ancora di quale entità
Gli oceani coprono quasi il 71 per cento della superficie terrestre, ma anche la loro capacità di assorbimento si sta esaurendo e ora il calore accumulato comincia a riemergere in superficie. Sta succedendo in modo particolarmente evidente nell’Atlantico, la cui temperatura, oltre ad avere un ruolo determinante sulla formazione e sull’intensità degli uragani che spesso si dirigono verso le coste degli Stati Uniti, incide anche sulle perturbazioni in arrivo sull’Italia, favorendo un maggiore trasporto di vapore acqueo.
In questo momento la temperatura superficiale media calcolata sull’Atlantico settentrionale (dall’equatore fino alla latitudine di 60 gradi a nord), supera di più di quattro volte il normale range di variabilità climatica. Praticamente è in atto un’ondata di calore marina senza precedenti, che se non ci fosse il riscaldamento globale avrebbe la probabilità di accadere una volta ogni centomila anni. Il fatto che ne siamo testimoni non è una sfortunata quanto improbabile coincidenza, ma deriva dal fatto che gli equilibri climatici del pianeta stanno rapidamente entrando in una fase di transizione caratterizzata da una forte accelerazione del riscaldamento terrestre.
Altre possibili cause
La comunità scientifica discute anche di due possibili cause che si sono aggiunte all’effetto costante del riscaldamento globale. La prima: negli ultimi anni è stata osservata una riduzione delle polveri sahariane trasportate sull’Atlantico, cosa che avrebbe favorito un assorbimento maggiore della radiazione solare. La seconda sarebbe dovuta alla drastica riduzione dei solfati nei combustibili delle navi imposta dall’Organizzazione marittima internazionale a partire dal 2020.
Si stima che questa norma, introdotta per ridurre l’inquinamento dovuto al trasporto marittimo, abbia ridotto gli ossidi di zolfo nell’atmosfera del 77 per cento, con un conseguente miglioramento della qualità dell’aria nelle zone oceaniche attraversate dalle principali rotte commerciali, come appunto l’Atlantico, ma anche una corrispondente diminuzione della riflessione dei raggi solari provocata da questi particolari aerosol, che hanno quindi un effetto raffreddante. La loro assenza farebbe emergere in mondo ancora più netto l’effetto dell’aumento dei gas serra anche sulla temperatura del mare.
Le previsioni per i prossimi mesi non sono incoraggianti visto il calore accumulato nei vasti serbatoi oceanici e anche nel Mediterraneo. Questo calore in eccesso è rilasciato verso l’atmosfera, alterando la normale circolazione meteorologica e aumentando il rischio di precipitazioni estreme. Sull’Italia è molto probabile la persistenza di forti anomalie di temperatura anche per i prossimi mesi e in estate bisognerà fronteggiare intense ondate di calore, anche se non si sa ancora di quale entità.
Non è facile fare previsioni perché ci si muove su scenari meteorologici relativamente nuovi, che potrebbero anche innescare bruschi sbalzi o tipping points (punti di non ritorno) nel sistema climatico a lungo termine. Uno su tutti è il blocco della circolazione termoalina all’interno dell’oceano, di cui uno dei rami costituenti è la corrente del Golfo. L’eventuale interruzione di questa corrente calda causerebbe un drastico raffreddamento dell’Europa centro-settentrionale, percepibile anche in Italia.
Ma prima di preoccuparci di questa ipotesi, destabilizzante ma ancora relativamente lontana, è molto più urgente, oltre alla riduzione delle emissioni, mettere a punto strategie di adattamento per far fronte a lunghi periodi di caldo anomalo e siccità e, al contempo, essere pronti ad affrontare piogge di eccezionale intensità con sistemi d’allerta e piani d’emergenza efficaci. Avremmo sempre più bisogno di adattare le nostre città per renderle meno energivore e soprattutto più fresche e piene di spazi verdi e blu (cioè acqua), in cui creare zone di climatizzazione naturale.
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