
La vicenda delle 478 opere: una storia annunciata che Siena doveva evitare
22 Novembre 2025
La proposta di Niccolò Volpini di estendere le Zone Economiche Speciali all’Amiata arriva come un segnale forte: l’ambizione di trasformare un territorio di montagna in un’area competitiva, capace di attrarre investimenti e uscire definitivamente dalla categoria delle “periferie”. È un’idea che ha il pregio di mettere l’Amiata al centro di una discussione nazionale, aprendo una prospettiva nuova sullo sviluppo e sulle politiche per le aree interne.
Ma quando una proposta appare limpida, è nei dettagli che si misurano le sue possibilità reali. Negli ultimi anni non sono mancati segnali incoraggianti dal mondo delle imprese, ma tradurre questi movimenti in una strategia efficace richiede strumenti adeguati. Le ZES, così come definite oggi, non rientrano tra questi: sono costruite per il Mezzogiorno, mentre la Toscana resta fuori dal perimetro. Non è un ostacolo che si aggira con una dichiarazione pubblica; servono scelte politiche e normative, non soltanto la buona comunicazione degli enti locali amiatini.
Si afferma spesso che le aree montane non debbano essere considerate marginali. È un principio giusto, ma diventa concreto solo quando si accompagna a infrastrutture, servizi e logistica in grado di sostenere investimenti reali. Una ZES non funziona per la forza del marchio, ma per la solidità dell’ecosistema che la sostiene: viabilità adeguata, connessione digitale omogenea, aree produttive operative, burocrazia snella e prevedibile. Tutti aspetti che sull’Amiata restano in larga parte da consolidare.
Lo spopolamento viene spesso invocato come motivo per chiedere agevolazioni straordinarie. Ma le ZES non bastano da sole a invertire un trend demografico: le persone rimangono dove trovano sanità funzionante, scuola stabile, trasporti affidabili, opportunità di lavoro credibili. Gli incentivi fiscali possono accelerare processi già attivati, ma non sostituire ciò che manca. Senza fondamenta solide, il rischio è trasformare la richiesta in una scatola vuota.
Anche il ritorno economico dipende da un contesto favorevole. Le esperienze italiane dimostrano che le ZES producono risultati dove esistono filiere attive, progetti maturi e amministrazioni capaci di accompagnarli. Questi elementi non si improvvisano, richiedono tempo, coordinamento e una strategia territoriale coerente.
Detto questo, la proposta resta importante. Ha la funzione di riportare la montagna toscana dentro un dibattito che da troppo tempo la sfiora soltanto, e indica una direzione possibile, sebbene ancora lontana. È come un ponte che parte dalla riva giusta ma non ha ancora raggiunto l’altra: non porta subito al traguardo, ma mostra dove posare le prossime travi. Una ZES non nasce per suggestione: va costruita, passo dopo passo. E se l’Amiata saprà rafforzare infrastrutture, servizi e progettualità, quel traguardo oggi distante potrebbe davvero diventare più vicino.





