
Alanis Morissette – You Oughta Know
16 Luglio 2025ELZEVIRO
Quale Dio cercano, o immaginano, i non credenti? E poi, è così evidente e da rimarcare la differenza fra credenti e non credenti? Diversi anni fa su questi temi rifletteva anche Norberto Bobbio, il quale sollecitava credenti e non ad unirsi per combattere contro i pericoli della fede cieca e del non credere a nulla. E di recente il filosofo André Comte-Sponville, autodefinitosi «ateo non dogmatico» e sostenitore dell’esistenza di una «spiritualità per atei», ha scritto: «Se qualcuno vi dice “so per certo che Dio non esiste”, non avete a che fare con un ateo, ma con uno sprovveduto. Parimenti, se incontrate qualcuno che vi dice “so che Dio esiste”, è uno sprovveduto che ha la fede e che, scioccamente, confonde la fede con il sapere».
Su questa strada si colloca il filosofo Slavoj Žižek nel recente volume Ateismo cristiano.
Come diventare veri materialisti (Ponte alle Grazie, pagine 398, euro 24,00). Da sempre il pensatore sloveno si dichiara «un cristiano ateo dichiarante» e un neomarxista convinto.
Innamorato di san Paolo, anche in questo nuovo saggio intende elaborare una terza via fra liberalismo e fondamentalismo, il «materialismo cristiano», rilanciando la concezione paolina dell’agape che a suo avviso, oltre a un’innegabile componente spirituale, contiene un’ansia di rinnovamento politico. Il cristianesimo diventa così una «forza traumatico-profetica», che destabilizza l’ordine sociale esistente. Anni fa nel volume Virus, sempre edito in Italia da Ponte alle Grazie, dedicava un capitolo al Noli me tangere (Non mi toccare), le parole che, come si legge nel Vangelo di Giovanni, Gesù risorto rivolse a Maria Maddalena dopo che lei l’ebbe riconosciuto. Žižek interpreta la messa in guardia di Gesù in relazione alla risposta data da Cristo al discepolo che gli domanda come avrebbero saputo che sarebbe tornato: egli sarà lì ogni volta che i credenti si riuniranno nello spirito d’amore, nella solidarietà fra le persone; il “Non mi toccare” racchiude un invito: “Tocca gli altri e occupati di loro nello spirito d’amore”. Non è strano che Žižek ricordasse poi la famosa frase di Martin Luther King: «Possiamo essere giunti qui con navi diverse, ma ora siamo tutti sulla stessa barca».
Più avanti, nel suo Ateismo cristiano, Žižek rasenta l’apocalittica e spera in un azzeramento del neocapitalismo, ma non come nel finale della serie tv Il trono di spade in cui la malvagia tiranna Daenerys viene sconfitta in nome del ristabilimento dell’antico potere: occorre una radicalizzazione della lotta per l’avvento di una forma di comunismo basata sulla giustizia. Per sconfiggere il nemico rappresentato dal tecnofeudalesimo o cloudcapitalismo, monopolizzato dai nuovi signori digitali – Gates, Bezos, Musk -, occorre un evento catastrofico grazie a «un nuovo agente
collettivo emancipatore il cui nome è Spirito Santo». Più che in questa fase immaginifica, dove l’analisi di Žižek si dimostra più azzeccata è nella critica alle «nuvole digitali divine» che fanno di tutti noi «incoscienti servi della gleba».
Da Amazon a Google a Facebook, non ci rendiamo conto del nuovo sfruttamento feudale che anzi viviamo come nostro libero esercizio. Una forma di potere che si allea con la politica e che si esprime nell’asse Trump-Putin. Il filosofo si rivela spesso sorprendente, come quando critica ferocemente la cancel culture, una dinamica che accomuna la destra populista e la sinistra woke che, «nonostante i forti contrasti ideologici, procedono di frequente allo stesso modo». Žižek porta a prova di questa tesi numerosi esempi, fra cui l’incredibile cedimento dei cosiddetti progressisti verso l’islam radicale e la loro indifferenza alle proteste delle donne e degli uomini iraniani contro un regime dispotico come nessun altro al mondo, a parte quello afgano: «L’ultima cosa di cui l’Iran ha bisogno è di una dose del politicamente corretto d’Occidente!». Ricorda con amarezza la posizione corriva di Foucault alla rivoluzione del 1978 che portò al potere Khomeini tutta basata sul senso di colpa occidentale per aver appoggiato il regime dello Scià. «Oggi troviamo proprio questa logica tra chi a sinistra mostra comprensione per Putin». Contrario alla tesi di Adorno secondo cui dopo Auschwitz non è più possibile la poesia, il pensatore tesse infine l’elogio del dubbio, facendo proprio il paradosso di Alioscia nei Fratelli Karamazov: « Dio esiste ma non sono certo di credere in lui», assumendo egli stesso non tanto la fede in Dio ma gli ideali che Dio rappresenta esplicitati nei Vangeli e nelle lettere di Paolo. «Il cristiano – osserva – è genuinamente indifferente alle famigerate prove dell’esistenza di Dio»: per lui, in nome di Cristo, è l’impegno a favore dell’altro a essere segno di umanità contro ogni sopraffazione dei poteri economici, politici e mediatici.